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IL D.Lgs 28/2011 sulle rinnovabili: Le bioenergie e la miniera d’oro dei rifiuti e dei reflui.

Il D.Lgs 28/2011 definisce le linee guida per le prossime leggi che dovranno regolamentare gli impianti di biogas e prevede un premio agli impianti virtuosi che utilizzeranno rifiuti organici e sottoprodotti, mentre si vietano materie prime alimentari.

Leggiamolo:

h) per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, in aggiunta ai criteri di cui alla lettera g), l’incentivo è finalizzato a promuovere l’uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti quindi di biogas da filiere corte, e contratti quadri e da intese di filiera da

  • reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali.
  • prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari;
  • biomasse e bioliquidi sostenibili (ad es glicerolo la cui produzione per me non ha nulla di sostenibile)

La tariffa omnicomprensiva a 0,28 e a kWh e, e la prodedura semplificata (in Lombardia riguarda gli impianti sotto i 250 kW di potenza) stanno dando un impulso enorme al settore.
Il termine di “colture non alimentari” è però molto aleatorio, il silomais non è una coltura alimentare, ma si usa per produrre latte e carne; buttarlo nei liquami per fare biogas equivale a buttare latte e carne nel liquame!
Lo stesso discorso vale per il sottoprodotto,certo che non può essere usato direttamente nell’alimentazione umana, ma pur essendo uno scarto dell’industria alimentare o dell’agricoltura diventa una materia prima per l’industria mangimistica, quindi se lo si usa per produrre energia va sostituito con materie prime, che in genere vengono importate dal Sudamerica. Quindi anche l’uso dei sottoprodotti come biomassa per produrre energia, determina competizione alimentare e territoriale. Alcuni sottoprodotti invece fanno parte dei cicli virtuosi perchè sono difficilmente utilizzabili come mangimi, ( gli alimenti confezionati, umidi e scaduti, le farine di carne, le feccie, le sanse, la paglia che spesso non si raccoglie,lo scarto di ortofrutta ecc ecc)
Le farine di carne si possono utilizzare negli impianti di biogas solo dopo approvazione dell’ASL e devono essere sterilizzate ( categoria A2 e A3) sarebbe eccezionale poter utilizzare la broda di farine di carogne sterilizzate in modo da risparmiare sull’essicazione.
L’uso di grandi estensioni di terreni arabili dedicati alla produzione di colture bioenergetiche siano esse pioppelle da cippato, cereali in granella o insilati, (mais, sorgo, orzo, ecc) oppure semi oleosi (colza ecc) oppure dedicati a sostituire l’ammanco dei sottoprodotti nei mangimifici, determina un ammanco di cereali sul mercato locale e quindi deforestazione in Sudamerica per aumentarne le produzioni.

In base a dati del 2010 diffusi dal CRPA (Centro Ricerca Produzioni Animali Reggio-Emilia) gli impianti per il biogas sono 300 e per il 2011 si prevede in Italia di raggiungere quota 450. La parte del leone la gioca la Lombardia con 150, seguono Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte per il ruolo rivestito dagli impianti da sottoprodotti di origine agricola (insilato di mais, reflui zootecnici come letame e liquame, scarti agroalimentari, colture energetiche e dedicate). In questo senso il Trentino spicca come regione che su 45 impianti vede la quasi totalità legata ad attività agricole.
Un ruolo ancora poco importante (rispetto ad es alla Germania) viene rivestito dagli impianti basati sui rifiuti urbani e sui fanghi di depurazione, allestiti presso discariche e impianti di depurazione (impianti da rifiuti civili).

L’utilizzo dei rifiuti e dei reflui urbani (flottati o fanghi di depurazione) negli impianti di biogas è un ciclo molto virtuoso perché permette il recupero totale di azoto, fosforo e potassio come concime minerale rinnovabile. Perchè il digestato che risulta dopo la fermentazione anaerobica può essere pompato sui terreni anche durante la coltura ( cioè in copertura) quando la coltivazione ne ha il maggior fabbisogno. Mentre i refui urbani in genere vengono depurati, e i rifiuti urbani bruciati, o interrati in discarica, o compostati dove però perdono parte dell’azoto che contengono.

Purtroppo in Italia questo ciclo è ancora poco sfruttato perché non è chiaro cosa sia il digestato dal punto di vista legislativo e su questo il dD.lgs 28/2011 non fa chiarezza. Ci sono stati infatti assessori in Umbria e in Toscana, che hanno considerato il digestato ottenuto da impianti che utilizzano rifiuti organici urbani anche solo in parte, non un fertilizzante liquido, ma ancora un rifiuto da depurare o da conferire in discarica.

Questo dal punto di vista scientifico è paradossale, il digestato, dopo la separazione della parte solida, è un fertilizzante liquido che ha più o meno le stesse caratteristiche chimico, fisiche e sanitarie a prescindere dalla biomassa di origine. I digestati chiarificati che provengano da rifiuti e reflui urbani o solo da reflui e letami zootecnici oppure ancora solo da colture dedicate, sono del tutto simili tra loro. E’ per questo sono inaccettabili le differenze nei limiti di spandimento. Il digestato se risulta dalla fermentazione di rifiuti a volte è considerato rifiuto quindi non si potrebbe spandere sui terreni, a volte no, la cosa è soggettiva, anche quando i rifiuti sono solo un’integrazione. Se proviene da reflui zootecnici ha i limiti di 170 kg N/Ha max in zona vulnerabile. Se infine proviene da vegetali dedicati o da fanghi di depurazione urbani ha i limiti di 340 kg N/Ha max anche se in zona vulnerabile.

E’ indispensabile che sull’uso dei digestati si faccia chiarezza legislativa perché ogni assessore interpreta le leggi a modo suo, generando il caos legislativo.

All’interpellanza fatta al parlamento europeo su cosa fossero i digestati è stato risposto così:

Al fine di decidere se una sostanza o un materiale risultante da un processo di incenerimento o di digestione devono essere classificati come rifiuti, prodotti (fertilizzanti etichettati), o sottoprodotti, gli Stati membri devono, prendere decisioni caso per caso su temi come quelli sollevati dall’onorevole parlamentare (Robert Sturdy del partito PPE-DE). Nella loro valutazione, gli Stati membri potrebbero applicare:

  • La giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia europea.
  • Nel contesto della fine del ciclo di rifiuti la classificazione dei rifiuti che hanno subito un’operazione di recupero come un prodotto.
  • Oppure gli Stati membri potrebbero invocare la decisione, in particolare, nel caso di Mayer Parry (C-444/00).
  • Per quanto riguarda invece la classificazione dei rifiuti come prodotti, gli Stati membri potrebbero avvalersi della giurisprudenza della Corte come indicato dalla Commissione nella comunicazione interpretativa sui rifiuti e sottoprodotti COM 59 (2007) .

Quindi sempre citando la stessa fonte

Gli orientamenti comunitari (COM 59 2007) forniscono uno schema interpretativo piuttosto chiaro che porterebbe alla classificazione del digestato come sottoprodotto e non come rifiuto. Secondo altri Autori il digestato è un fertilizzante organico (art. 74 del D.Lgs. 152/2006) e come tale deve essere, ai sensi dell’art. 182 comma 1 lett. B dello stesso D.Lgs. 152/2006, sottratto alla disciplina sui rifiuti. Alla luce di tali argomenti la Regione Emilia Romagna ha recentemente interpretato la materia in modo chiaro ed esaustivo, affermando che il digestato è quasi sempre un semplice fertilizzante da utilizzare agronomicamente […] nel rispetto del bilancio dell’azoto. Al contrario, la Regione Piemonte, con la D.G.R. 23 febbraio 2009 ha solamente assimilato a refluo zootecnico il digestato proveniente da materiali in ingresso costituiti da reflui zootecnici almeno per il 50% in peso, non fornendo alcuna interpretazione per le altre tipologie di digestato. La posizione ufficiosa della Regione è quella di considerare rifiuto il digestato non assimilabile a refluo zootecnico.

Cito la Dott.ssa Lorella Rossi del CRPA da un articolo su “L’informatore agrario 16/2011”

“Il digestato ottenuto con l’aggiunta di sottoprodotti conferisce lo status di rifiuto a tutto il digestato e cambia la normativa di riferimento per esempio in Veneto […] Sarebbe davvero paradossale che da un lato si incentivasse il recupero e la valorizzazione energetica dei sottoprodotti e dall’altro si facesse poi ricadere il digestato di nuovo nel contesto rifiuti. Il dm 07/04/06 nella nuova versione emendata evita questo rischio, in quanto riconosce alla digestione anaerobica una duplice funzione: produzione di energia rinnovabile e produzione di fertilizzante ad alto valore agronomico (e sanificato aggiungo io visto il batterio Killer tedesco che non può che venire da contaminazioni fecali, temo zootecniche)

Fortunatamente molte biomasse prima considerate rifiuti sono adesso entrate nella categoria sottoprodotti (alcuni rifiuti organici industriali, gli scarti dei mercati e dei negozi di ortofrutta e gli sfalci e potature raccolti nelle isole ecologiche urbane)

Il digestato è un fertilizzante rinnovabile, se proveniente da cicli virtuosi andrebbe addirittura incentivato per una coerenza legislativa che lo equipari all’incentivazione dell’energia rinnovabile. Gli strumenti legislativi per farlo ci sono già: nell’ottica della direttiva 20-20-20 io propongo almeno di condizionare la PAC agli agricoltori all’utilizzo di concimi rinnovabili in percentuali (spero alte) da definire ed in crescendo negli anni. Questo per gli stessi principi che guidano la direttiva:

  • risparmio energetico perchè non si sintetizzano conicmi minerali e non si essicano i sottoprodotti
  • riciclo e riutilizzo di materie prime, cioè azoto, fosforo, e potassio
  • abbattimento delle emissioni sia climalteranti sia maleodoranti

pivot
Nella foto il “pivot” il miglior sistema si fertirrigazione per spandere i digestati sulle colture risparmiando acqua e concimi, ideale per il mais anche quando è già alto fino a 3 mt e particolarmente indicato per doppi raccolti annui. Applicando la condizionalità della PAC alla tutela di falda e all’uso di concimi rinnovabili si eviterebbero quelli che io chiamo i nitro-paradossi.

Il costo di compostaggio dei rifiuti umidi urbani va da 75 a 140 euro a tonnellata (anno zero) mentre nel biogas la resa dei rifiuti è buona, simile al letame e solo un poco più bassa del silomais, ( che però ha un costo produzione alto e determina competizione alimentare e territoriale) tanto che se ci fossero leggi adeguate (la condizionalità della PAC e l’equiparazione di limiti e divieti per tutti i digestati) il rifuto urbano lo si potrebbe ritirare gratis per farne energia e concimi rinnovabili. Il potenziale di biomassa proveniente da reflui urbani e zootecnici, rifiuti organici industriali e urbani, sottoprodotti agricoli e industriali è enorme: la dott Mannelli parla di migliaia di MWh, a cui io aggiungo migliaia di tonnelate di concime rinnovabile.

Questa è una miniera d’oro che abbiamo sotto il naso e che non sfruttiamo per colpa di qualche burocrate che come nel quadro di De Chirico ha delle conchiglie nella testa. L’utilizzo di digestati provenienti dai rifiuti come concimi rinnovabili farebbe risparmiare sia sullo smaltimento dei rifiuti sia sulla sintesi dei concimi minerali di sintesi.
Un ciclo virtuoso che va assolutamente privilegiato e favorito dal punto di vista economico ma soprattutto legislativo equiparando i limiti di spandimento tra tutti i digestati in modo che siano uguali in tutti i comuni d’Italia.

Cito sempre da “L’Informatore agrario” un articolo di E. Antonini e V. Fracescato della AIEL (associazione italiana energie agroforestali)

“in Baviera ..4 impianti a biogas mettono sul mercato agricolo 33 mila mc di digestato liquido anno..che presenta le seguenti caratterisctiche: azoto 4,3 kg/mc, fosforo 1,8 kg/mc potassio 4,22kg/mc ..il valore del digestato si attestava tra i 3 e 4,5 e/mc”

Quando leggo queste cose mi viene una rabbia….. in Italia ci tocca pagare gli agricoltori per regalarglelo, e nessuno fa niente. Questo perchè le associazioni agricoltori hanno tutti gli interessi a speculare sugli affitti per lo spandimento, e perchè le industrie petrolchimiche se non riuscissero più a vendere l’urea, (che si sintetizza a partire dall’ammoniaca) dovrebbero smaltire l’ammoniaca che producono durante la raffinazione, come rifiuto tossico con costi enormi.

Per noi allevatori gli impianti a biogas sono un modo per abbattere le emissioni, quindi immettere sul mercato prodotti con una bassa impronta di carbonio. Secondo “L’informatore agrario” le emissioni di CO2 per kWhe prodotto sono:

  • 1,2 Kg di CO2 per il carbone,
  • 0,3 kg di CO2 per il biogas,
  • 0,2 kg CO2 per il nucleare.

Ma i vantaggi del biogas non sono solo questi, il digestato si presta a sistemi colturali continui (cioè doppio raccolto annuale) senza l’utilizzo dei concimi di sintesi. Il doppio raccolto in minima lavorazione oltre ad aumentare la redditività dei terreni, è il miglior sistema per ridurre l’inquinamento di falda da nitrati, (anche l’unico veramente efficace) agisce sul bilancio del carbonio, sul volano temporaneo captato dai vegetali e sul land use. L’azione sul land use aumenta l’energia assorbita per la fotosintesi e per la evo-traspirazione e aumenta la capacità di trattenere l’acqua da parte dei terreni evitando erosioni e dilavamenti.

Quindi il biogas dal punto di vista della presunta mitigazione climatica:

  • abbatte le emissioni di metano zoogenico (da reflui e letami)
  • abbassa le emissioni per la produzione di energia elettrica
  • abbassa le emissioni per la sintesi dei concimi minerali che non vengono utilizzati
  • cambia il land use
  • permette il riciclo completo dei rifiuti organici evitandone le emissioni in discarica o in compostaggio.

Da mio punto di vista il biogas a ciclo virtuso è l’unica fonte rinnovabile che si dovrebbe incentivare, anche perchè con le leggi adatte potrebbe arrivare al pareggio dei costi.

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Published inAmbienteEnergia

13 Comments

  1. claudio

    @ Giampaolo
    Sembra che la legislazione sulle definizioni di reflui, rifiuti o sottosprodtti agricoli e industriali sia fumosa e incompleta tanto che in Toscana alcuni allevatori si sono visti considerare i reflui zootecnici come rifiuti e quindi sottostanti alle norme molto restrittive, burocratiche e onerose dei rifiuti in particolare nei trasporti, ma hanno vinto la causa perchè i reflui sono da sempre sottoprodotti agricoli e si possono trasportare con i carri e i trattori…in Emili aperò iniziano a chiedere le bolle se si viaggia sulle statali.
    Un altro esempio clamoroso è l’impianto di biogas di un noto calciatore che avrebbe dovuto utilizzare i sottoprodotti di un grosso macello. i resti dei macelli sono pericoli per le salmonelle, e vanno trattati con buon senso, ma li usano in tutta UE, sembra però che abbiano bloccato le autorizzazioni a Cremona.
    Anche sui prodotti in uscita dal biogas (ad es solfato ammonico) manca una legislazione adeguata. Secondo il buon senso digestati solidi e liquidi e estratti minerali solidi o liquidi dovrebbero rientrare tutti nei sottoprodotti agricoli, ma sembra che non tutte le ASL la pensino così.

  2. Grazie per la competenza dimostrata nell’articolo.
    Ho una domanda: un nostro consulente asserisce che se la matrice utilizzabile in un impianto di biogas deve subire un trasporto dal luogo di produzione del sottoprodotto alla vasca di alimentazione dell’impianto questa matrice diventerebbe un “rifiuto” con tutto ciò che ne consegue (assoggettamento alla normativa rifiuti). Consideriamo che la distanza da coprire è 250 mt., che lo stabilimento, l’automezzo e l’impianto a biogas appartengono allo stesso soggetto fiscale. Cosa ne pensate?

  3. Claudio Costa

    @ Salvadorini
    Chiudo perchè anche se la discussione penso possa interessare a molti , non vorrei fare un dialogo a due

    Negli articoli linkati si parla di rischio diossine, i tecnici della WOMM assicurano che l’emissione di diossine da impinati a bio-combustione è zero, non esiste proprio il rischio

  4. Claudio Costa

    @ Salvadorini

    Ho letto gli articoli da lei linkati e faccio alcune considerazioni

    A Calendasco Piacenza stanno per costruire un impianto a biogas a sottoprodotti agroalimentari (lavorazione pomodori, conserve di verdura, succhi di frutta, zucchero, vino grappa eccc ecc) e letami e biocolture
    Si è formato il comitato che blocca i lavori perchè non vogliono i camion, la puzza, e i fumi del biogas
    Quindi cambia poco

    Il bio-combustore però rispetto al compostaggio dovrebbe fare molta meno puzza

    Potreste chiedere lo scarico della pollina con il tunnel a U dove lo scarico è alla curva del tunnel chiuso, da dove poi verrà aspirata l’aria da immettere nel biocombustore

    Per i camion l’unica soluzione è una tangenziale o una strada dedicata, nel mio paese ad es l’hanno fatto per una fabbrica di cibo per cani e gatti

    le nanomolecole del dr Montanari sono quelle degli inceneritori e sono metalliche non penso ( ma non ne ho la certezza) che riguardino anche le emissioni dei biocombustori

  5. Claudio Costa

    @ Salvadorini

    C’è un ciclo virtuoso interessante ma ancora sulla carta che riguarda la pollina
    negli impianti a biogas si può essicare il digestato solido con l’energia termica di solito in esubero, per destinarlo poi a lettiera dei polli, la pollina con lettiera che ne risulta essicarla per farne compost facilmente trasportabile
    l’essicazione della pollina potrebbe essere fatta sempre negli impianti a biogas o nelle vicinanze di centrali termoelettriche che possano fornire energia termica.
    Mah
    il ciclo potrebbe interessare i grandi gruppi zootecnici Veronesi Martini e Amadori che hanno sia allevamenti di polli che di suini

    • francesco salvadorini

      Grazie per i chiarimenti, molto gentile e preciso.
      Il problema rimane quindi, a meno che il gruppo Amadori non decida di investire in un biocombustore. O di lanciarsi in un ciclo biogas-compostaggio integrato. Vedremo gli sviluppi.
      Saluti

  6. Claudio Costa

    @ Salvadorini
    Per quanto riguarda invece il recupero dei fertilizzanti azoto fosforo e potassio contenuti nell apollina il teorria si può fare anche con i biocombustori
    – l’ammoniaca si passa in uno scrabber o si fa precipitare a solfato ammonico
    – il fosforo e il potassio restano nelle ceneri con rame e zinco
    Ci sono proposte per poter utilizzare questi sottoprodtti della essicazione e biocombustione, nella fabbricazione di concimi rinnovabili liquidi o a granuli, ma per ora sono considerati rifiuti tossici non pericolosi da smaltire in discarica

  7. Claudio Costa

    @ Salvadorini

    La pollina meriterebbe un articolo a sè che magari farò.
    Semplificando ci sono vari tipi di pollina:
    essenzialmente senza lettiera e con lettiera.
    Quella senza lettiera è liquida ed è quella delle ovaiole, ma è destinata a sparire perchè le gabbie saranno vietate dal 2012.
    E’ la pollina che si presta al biogas, tal quale però può essere usata solo al max per il 10% della biomassa, perchè contiene l’ammonio che è abiotico
    mentre è molto interessante il flottato avicolo, si diluisce la pollina con il digestato, si separa con coclea elicoidale, si flotta e l’ammonio va nel chiarificato, mentre nel flottato resta l sostanza organica che ha una buona resa secondo il CRPA
    Flottare però costa 1,5 e a mc
    L apollina con lettiera coiè i polli se la lettiera è di segatura non si può usare se è di pagli atrita max 20% della biomassa, altrimenti si deve diluire separare e flottare.
    Ma è appena uscita la legge che definisce la pollina come biomassa rinnovabile destinabile ai biocombustori e quella è la destinazione più conveniente in assoluto.
    Non sono inceneritori ma biocombustori, cioè non bruciano plastica o accoppiati metallici quindi sono molto meno pericolosi degli inceneritori dei rifiuti, certo che le emissioni della pollina bruciata vanno trattate molto bene perchè in quanto a NOX e SOX sono più alte del carbone a parità di energia elettrica prodotta
    I gassificatori a pollina invece malgrado sulla carta siano i meno impattanti non sono ancora sul mercato proprio per via delle emissioni inquinanti.
    La convenienza sulla destinazione della pollina come bioenergia è a favore della biocombustione più che del biogas

  8. francesco salvadorini

    Susate se vado un po’ OT
    Scrivo per avere una delucidazione da Costa. Visto che già in passato mi aveva indicato che si potrebbero costruire impianti a biogas alimentati a pollina, con un’ottima resa grazie alla paglia presente nei liquami avicoli, perchè questa soluzione non viene proposta ed adottata per risolvere il problema dello smaltimento della pollina, in zone come la Romagna o Veneto, con un’alta densità di allevamenti avicoli? In provincia di Forlì, dove risiedo, ci sono seri problemi per lo spandimento o l’essicazione delle polline, dovuti in particolar modo ai cattivi odori o all’inquinamento dei fondi e delle falde. Nel mio comune c’è un impianto di compostaggio che lavora circa 50.000 ton all’anno di pollina, su circa 200.000 ton prodotte nella provincia di Forlì; crede che potrebbe essere redditizio un impianto a biogas? Che ricadute potrebbe avere sul territorio adiacente, a livello di odori, smaltimento percolato, ecc…
    La invito come esperto del settore ad avanzare una soluzione in questa direzione alle amministrazioni coinvolte. Anche come alternativa all’inceneritore già proposto ma fortemente ostacolato dai residenti (forse a torto?)
    Seguono alcuni link informativi sull’annosa vicenda…
    http://www.romagnanoi.it/News/Romagna/Forli/articoli/47874/La-puzza-diventa-un-giallo.asp
    http://www.fainotizia.it/2008/04/07/che-felicita-mi-faranno-un-inceneritore-sotto-casa-grazie-per-i-tumori-in-regalo
    https://sites.google.com/site/comitatovalledelbidente/archivio
    http://www.ilrestodelcarlino.it/forli/2008/06/10/95783-incontro_comuni_santa_sofia_galeata_civitella_rappresent….shtml
    http://www.bartoliniluca.it/dbfiles/interrogazioni/rassegne/390/13_nov._Carlino_Agrofertil_basta_temporeggiare.pdf
    http://www.bartoliniluca.it/dbfiles/interrogazioni/rassegne/390/13_nov._Corriere_Vogliono_fare_una_centrale_di_compos.pdf
    http://www.bartoliniluca.it/dbfiles/interrogazioni/doc/390/Prot._77_UP_Agrofertil.pdf

    Cordiali Saluti

  9. Lorenzo Iraci

    Ottimo lavoro, chiaro, serio e sopratutto vero

  10. Andrea Gatti

    Grazie del per il tuo impegno, anche io confermo che sono nitroparadossi.

  11. Claudio Costa

    Ieri a Paicenza in un convegno della confagricoltura il dott Sergio Fiocchi, Funzionario tecnico di Confagricoltura Emilia-Romagna ha detto che se si usano i rifiuti negli impianti di biogas in Emilia Romagna i digestati poi rientrano nella normativa che riguarda lo spandimento dei fanghi di depurazione civile che è una assurdità : bisogna titolare ogni partita e non si può spandere per più di 3 anni sullo stesso terreno praticamente è impossibile l’utilizzo di rifiuti urbani umidi nel biogas.
    La cosa è veramente strana perchè i rifiuti umidi urbani sono molto meno impattanti dei liquami e delle polline dal punto di vista degli odori, dei metalli pesanti, dei residui di antibiotici, dei patogeni potenziali, della trasmissione di resistenze a i batteri nell’ambiente ecc ecc

    @ Rovati

    di niente, fa piacere che qualcuno mi legga e mi apprezzi, del resto la mia è solo partecipazione.

  12. Maurizio Rovati

    Grazie!

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