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Lean vs Lean

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un post a firma di Carlo Colarieti Tosti nel quale sono stati riportati i dati dell’irradiazione solare. La serie è ovviamente stata costruita in parte con dati di prossimità, soprattutto le osservazioni di macchie gruppi di macchie solari, e in parte con dati osservati per quel che attiene al passato più recente.

Successivamente, in considerazione anche dell’animata discussione che si è sviluppata intorno al post, siamo andati a cercare le serie di dati più aggiornate. In effetti esiste una serie molto più “fresca”, messa a punto dalla stessa persona che aveva originato il primo database, ovvero Judith Lesley Lean. I due lavori risalgono rispettivamente al 1994 ed al 2005. Tra le due serie ci sono delle differenze sostanziali così riassumibili:

  • Entrambe le serie mettono in evidenza un trend di lungo periodo positivo, ma nella prima la differenza tra l’inizio e la fine dei dati è pari a 4W/m2, mentre nella seconda l’incremento si riduce del 50% ed è quindi pari a 2W/m2.
  • Nella nuova ricostruzione scompaiono letteralmente le fasi di minima attività solare note come minimi di Maunder e Dalton, come pure è assente la consistente fase di massima attività occorsa a partire dal 1940.
  • Le due serie sono graficamente sovrapponibili esclusivamente nella parte centrale, vale a dire tra il 1745 ed il 1800 e il 1830 ed il 1935.

lean-vs-lean

Nel breve abstract che accompagna la pubblicazione di questa rielaborazione dei dati leggiamo ovviamente che è possibile operare una ricostruzione dell’andamento dell’irradiazione solare soltanto grazie alla presenza di dataset riguardanti le macchie solari, a loro volta rappresentative dell’attività solare. La relazione che intercorre tra queste due grandezze non cambia, ce ne accorgiamo perchè le serie, come detto, nella parte centrale del dataset sono praticamente sovrapponibili; né possono essere cambiate le osservazioni delle macchie solari, perchè quelli sono dati di prossimità ormai acquisiti.

La domanda allora è la seguente: cosa ha prodotto l’elisione dei periodi di massima e minima irradiazione? Che un aumento o una diminuzione oltre una certa soglia dell’attività solare possa cessare di avere effetti sull’irradiazione, di fatto interrompendo la relazione accertata tra le due grandezze mi sembra improbabile. Molto più probabile che sia stato applicato alla serie un filtro che tagli fuori tutti i valori sopra e sotto una certa soglia. In effetti questo sembra essere probabile, perchè anche dove le serie sono sovrapponibili e presentano pari picchi di massima e minima irradiazione, se le si guarda con attenzione ci si rende conto che questi hanno ampiezze differenti. Come se fosse stato impiegato un algoritmo di correzione atto ad escludere valori troppo alti o troppo bassi.

E così, dopo aver girato lungamente attorno ai dati, siamo riusciti ad ottenere valori di irradiazione solare praticamente invariati nel tempo, pur in consistenza di accertate variazioni di discreta ampiezza dell’attività solare. Una quiete prolungata della nostra stella che fa il paio con la quiete che si attribuisce alle temperature fino all’inizio dell’era industriale.

Molti di quelli che seguono le vicende del clima e leggono queste pagine sanno che la radiazione diretta è l’unico parametro di tutta la complessa attività del Sole di cui si tiene conto nei modelli di simulazione climatica (Global Climate Models). Di questo abbiamo conferma dalla stessa fonte di questi dati. In questa pagina della NASA infatti leggiamo: “The NASA Goddard Institute for Space Studies offers Solar irradiance data sets created by Judith Lean and used in the GISS SI99 global climate model runs“. Il riferimento è alla prima serie, ma non c’è motivo di dubitare che l’ammontare del forcing solare inevitabilmente differente per difetto, che scaturisce dall’impiego di questi nuovi dati, possa dare una bella mano alle simulazioni climatiche per accentuare ulteriormente il peso di tutte le altre forzanti, prima tra tutte quella antropica.

Naturalmente non c’è ragione alcuna di dubitare della maggior precisione di questi nuovi dati, ma pur avendo cercato con inisistenza non siamo riusciti a trovare nulla che spieghi cosa è cambiato nei dati che originano il database o quale sia stato il procedimento con cui è stata generata la serie. Magari qualcuno di voi sarà in grado di segnalarcelo, così potremo approfondire ulteriormente l’argomento.

NB:

 

Correzione importante:

Capita, che ci volete fare, l’importante è ammetterlo. Dobbiamo ringraziare i nostri lettori, in particolare Achab e Lorenzo, senza i quali non ci saremmo accorti dell’errore piuttosto banale ma decisamente dirimente che abbiamo commesso. Di seguito il grafico in cui si mettono a confronto le serie giuste, entrambe con il background.

lean1995vslean2000

     
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Published inAmbienteClimatologia

46 Comments

  1. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    @Claudio

    Ok Claudio ho capito, l’unico mio dubbio sono le facole. Se ho capito bene si correla l’irradianza totale 1979-2009 con quell’equazione e poi si ricostruisce indietro attraverso l’output della regressione. Le facole non so da quanto tempo vengano rilevate, ma credo grosso modo da poco più di un secolo, quindi mi domondavo come abbiano ricostruito più indietro di metà ottocento.

  2. Di niente Sergio. Allora, per quello che posso capirne io, e mi baso solo su quanto ho letto e sulla matematica (perchè non sono nè un fisico nè un astronomo), ci troviamo di fronte a due metodi diversi per derivare l’irradianza solare totale. Sarà tutto più semplice partendo dal concetto di base:

    [pmath]Delta S_tot (t)= Delta S_s (t) + Delta S_f (t)[/pmath]

    Ovvero la variazione dell’irradianza totale è data dalla somma del maggior (minor) oscuramento dovuto alle macchie solari ([pmath]S_s[/pmath]) e della maggiore (minore) brillantezza delle facole ([pmath]S_f[/pmath]).

    Questo modello di base serve a derivare l’irradianza totale, date serie di prossimità relative a macchie solari e facole. Ovvero calcoliamo dai proxy la TSI. Il modello si complica ulteriormente, inserendo anche il valore del sole a riposo ([pmath]S_q[/pmath]).

    Il modello utilizzato da Lean (attenzione però, la bibliografia ci dice che risale al 1998, purtroppo non ho trovato nulla di più recente), dicevo il modello utilizzato è una regressione a partire dai dati proxy.

    Purtroppo [pmath]alpha[/pmath] è un coefficiente del quale non so dare spiegazione e non riesco a trovare alcun riferimento in merito

  3. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Grazie Claudio, potresti spiegare più in dettaglio (se possibile ogni simbolo)?

  4. Achab

    @Sergio Musmeci

    Quei conti li avevo fatti per dire che, dato il comportamento durante il ciclo solare, l’effeto è trascurabile per il trend. E se come dice Svalgaard non c’è trend di lungo periodo, a più forte ragione.

    Come sempre, ciò non significa che il sole non conta o che non ha effetto; e nemmeno che è trascurabile. Significa solo che il sole non basta a spiegare cosa accade.

  5. Ecco intanto gli algoritmi più utilizzati:

    [pmath size=16]S_tot (t)=S_q+alpha_s S_s (t)+alpha_f S_f (t)[/pmath]

    Foukal & Lean 1986, 1988; Chapman et al. 1994, 1996; Lean et al. 1998; Fligge et al. 1998; Preminger et al. 2002; Jain & Hasan 2004

    [pmath size=16]S_tot (t)=alpha_q (t) S_q+alpha_s (t) S_s+alpha_f(t) S_f[/pmath]

    Fontenla et al. 1999, 2004; Unruh et al. 1999; Fligge et al. 2000; Krivova et al. 2003; Ermolli et al. 2003; Wenzler et al. 2004, 2005

    q = quite sun
    s = sunspot
    f = faculae

  6. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Scusate se intervengo ma la ricostruzione di Svalgaard è totalmente diversa come ho più volte sottolineato, quindi le proxy su cme calcolare l’irrad portano a risultati che possono essere radicalmente differenti ed anzi, la ricostruzione dell’irradianza solare è quella meno affidabile alla luce di tutte le ricostruzioni che sono in gran parte divergenti.

    Achab, per quanto riguarda la tua ultima risposta non so bene come arrivi a quelle conclusioni, soprattutto non capisco perchè continui a considerare il dato delle variazioni di irradianza quando è proprio il meccanismo con il quale il sole modula le variazioni del bilancio energetico alla superficie che è oggetto di discussione. Ho capito il calcolo che fai sull’irradianza ma per esempio i raggi cosmici incidono di per se nel bilancio radiativo? no o pochissimo. Dunque non è questo il punto. Che cosa intendi poi per “effetto reale misurato”? Sinceramente trattandosi di effetti veramente complessi e interconnessi preferisco fare prima un bel modello statistico che accorpi le maggiori forzanti climatiche e poi provare a trarre ipotesi fisiche. Così facendo viene circa 0,15° di variazione tra minimo e massimo. Vogliamo ignorarlo? Penso che non sia saggio. Come si può piuttosto spiegare questa variazione?

  7. Achab

    @Fabio

    La figura mostrata nel post è errata come ho fatto rlevare in un precedente commento, non c’è nessun taglio di picchi o altro. I dati veri presentano delle differenze molto più piccole e sono una normale rivisitazione dei dati fatta dalla stessa persona (Lean) e analizzati in modo analogo.

    Riguardo alla ricostruzione della irradianza solare, ci sono vari modi per farla. Il più diffuso e semplice, usato anche da Lean, si basa sulle osservazioni oculari dal ‘600 in poi delle macchie solari e dei gruppi di macchie solari; ci sono diverse “varianti” sul come calcolare l’irradianza da questi dati. I dati originali, sia pur non sempre gli stessi, sono però molto simili.

    Qui trovi l’articolo originale di Lean del 1995

  8. Fabio

    @Sergio
    Grazie per la gentile risposta.
    Il quesito dati era: state valutando 2 DB e le differenze di approccio in relazione al taglio dei picchi (sia positivi che negativi) ma l’origine dei dati è affidabile ?
    Ovvero, tutti utilizzano dati di partenza “affidabili” ? compreso Lean ?

  9. Achab

    @Sergio Musmeci

    Ragionando sulle correlazioni bisogna stare attenti, si rischia infatti di perdere il senso delle quantità. Io in genere mi trovo meglio a guardare i dati di trend; sono più facilmente comprensibili e più direttamente analizzabili.

    Dai dati NOOA, il trend lineare del contenuto termico riferito al periodo 1970-2008 è 0.4*10^22 J/anno. Questo si può facilmente trasformare e risulta corrispondere a un flusso di 0.35 W/m2; questo numero è parecchio più piccolo di quello della fig. 4 di Shaviv (2 W/m2).
    In questo stesso periodo si è avuto un aumento di temperatura di circa 0.4 °C, cioé 0.01 K/anno.

    Torniamo al ciclo solare. Da minimo a massimo si ha 1 W/m2 di variazione di TSI; moltiplicando per 0.7 (effetto dell’albedo) e dividendo per 4 (effetto della superficie sferica) si ha una forzante di 0.175 W/m2, la metà di quella calcolata prima. Assumendo una risposta rapida della SST, mi aspetto un effetto dal minimo al massimo solare (5.5 anni) pari 0.027 °C. Faccio notare che questo numero, essendo calcolato sull’effetto reale misurato, contiene già gli eventuali feedback presenti. Quanto calcolato ora è più piccolo di quello mostrato in fig. 4 di Shaviv di circa lo stesso fattore del contenuto termico, non casualmente. Ai miei occhi, quindi, la variazione dell’heat content di Shaviv è sovrastimata di circa un fattore 6.

    Se è vero questo, la modulazione solare nell’arco di un ciclo sarebbe, arrotondando, di 0.03 °C. D’altra parte, non so per quale strana alchimia i dati di fig. 5 sono molto più simili a quelli che ho calcolato qui. Se prendiamo questi ultimi per buoni, ci si accorge che l’influenza del ciclo solare è una piccola modulazione, inferiore alla varibilità interannuale, su un trend di fondo ben più significativo.

  10. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Caro Fabio, i dati si trovano gironzolando con i motori di ricerca. I dati di Lean li ho trovati così. Anzi, dovresti facilmente trovare il file in formato ASCII. Prova a digitare Lean e irradiance reconstruction.

  11. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Achab, si è vero mi sembra che la correlazione sia stranam calcolata su 2 cicli. Non capisco il perchè, visto che si trovano vari elementi che correlano bene con i cicli solari. Forse perchè si utilizza la TSI vera e propria, non ricostruita. Comunque la relazione cè lo stesso per 50 anni e per es nel caso del livello del mare anche dal 900 in poi. Purtroppo è un articolo molto tecnico e infarcito di matematica, francamente per me un pò ostile…però sembra convincente. Per ora mi sono accontentato della spiegazione data su Watts up with that.

  12. Fabio

    Scusate, immagino di aver già abbassato la media di questo post con la mia precedente ma, per cortesia, qualcuno è a conoscenza della provenienza dei dati messi nel DB da Lean ?

    Cordialmente

  13. Achab

    @Sergio Musumeci

    Devo contraddirti, i dati sono mostrati dal ’50 al 2000 (fig. 4) ma la correlazione è mostrata su due cicli solari (fig. 5).
    Per il tuo precedente commento, hai messo dentro così tanta roba che mi sono perso. Ci ripensero’ a mente piu’ fresca 🙂

  14. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Comunque se non erro (finisco di rispondere ad Achab) Shaviv trova una correlazione con l’heat content su 5 cicli solari, che inizia ad essere tanto, anche visto il rapporto trovato che è stringente.

  15. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Più che inserire un lag è meglio considerare la media degli ultimi 11 anni, quindi una media mobile che parte da adesso e finisce 11 anni fa. Se consideri questo il sole spiega una buona porzione (ma non tutta come è ovvio) di variabilità nelle T oceaniche. E’ vero il fatto che se l’effetto viene splamato su periodi più lunghi la correlazione coincide più o meno con un trend. Rimane comunque il fatto che la miglior correlazione si trova con i raggi cosmici e le relative ricostruzioni in cui secondo me cè stata comunque anche una variazione nel background (per es il Be10 e altre proxies). Svalgaard liquida la cosa dicendo che cè troppa incertezza nelle ricostruzioni isotopiche, ma penso che ci siano troppe prove che coincidono. Attraverso queste ricostruzioni (e quelle della T globale) si vede che nel lunghissimo termine il segnale rimane e che non rappresenta più un trend ma un andamento complesso. Mettendo questo tipo di media che va dal tempo zero a 11 anni fa (un integrale in senso matematico) si osserva una relativa stasi o platueau dagli anni 80-90 in poi con successiva diminuzione negli anni 2000. Se vai a vedere gli oceani tropicali, questi seguono più o meno quest’andamento. Se provi a fare l’andamento in base per esempio a una media mobile di 11 (ancora meglio di 22 o 33 anni), vedrai che l’andamento trovato è molto simile a quello reale in base al solo forcing solare più gli altri forcing naturali come AMO, vulcani e nino. Quindi con un “integrale”, che è anche la funzione più logica in questi casi, il discorso della stasi dei 50 anni viene completamente a cadere (anche perchè il sole si è preso una piccola pausa durante gli anni 70). Nessuna evidenza schiacciante, solo che il forcing solare è tuttora in grado, almeno in linea teorica di spiegare le variazioni di temperatura oceaniche avvenute nell’ultimo secolo e all’inizio del nuovo. Siccome il minimo solare è iniziato da appena 3-4 anni, forse cè ancora tempo per vedere un chiaro effetto di cooling sul clima. Questo anzi, dovrebbe avvenire in modo più chiaro solo dopo il 2015. Tutto dipenderà naturalmente dalla reale entità dell’effetto antropico. Ma se ipotizzassimo un effetto antropico zero, allora si dovrebbe ritornare a una quasi PEG tra il 2020 e il 2030. Questa è l’ipotesi più probabile perchè: molto probabilmente il sole entrerà in una fase di quiescenza simile al periodo Dalton o di poco superiore, la PDO continuerà la sua fase negativa, la AMO nel frattempo inizierà la fase discendente con il ciclo forse correlato della circolazione termoalina. Sempre sperando che i vulcani non vogliano dire la loro! 🙂 Ripeto che questa è una proiezione oltre che azzardata, “teorica” con un effetto antropico pari a zero. E forse non è questo il caso.

  16. Achab

    @Sergio Musumeci

    Aspetta, non mischiamo le cose. Se vedo correlazione con un ciclo di 11 anni senza inserire alcun lag la risposta deve essere rapida, diciamo inferiore ad un decimo del ciclo.
    Se invece la risposta è lenta, o almeno per i fenomeni con inerzia notevole, viene mediata nel ciclo e non vedrò altro che il trend di lungo periodo. Quest’ultimo però negli ultimi circa 50 anni è stato costante.
    Da questo ne consegue che una correlazione trovata su due cicli mette in luce esclusivamente la componente di risposta rapida. Da qui nasce la mia perplessità nelle correlazioni sia della SST che del heat content totale. La prima e’ infatti rapida, il secondo è molto lento.

  17. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    La correlazione cè ed è molto forte con l’oceano ed è maggiore che con la T globale (soprattutto con i tropici). Le variazioni dell’heat content in particolare purtroppo sono disponibili da relativam poco tempo. Se il meccanismo è diverso, può essere che le variazioni siano superiori ad 1 watt/m2. Sui meccanismi, nessuno sa ancora quale sia quello giusto. Penso che possa essere un mix di varie cose, raggi cosmici, variazioni dello spettro UV, variazioni dell’ozono stratosferico…poi ci potrebbero essere gli effetti di modulazione dei pattern globali e di circolazione oceano-atmosfera che hanno potenzialmente dei ritardi lunghissimi, e intervengono in seguito all’effetto immediato o quasi immediato dei meccanismi descritti sopra.

  18. Achab

    @Sergio Musmeci

    Mi sfugge come si possa avere una variazione di 1-2 W/m2
    nell’oceano con la forzante di un ciclo solare di 1 W/m2. Inoltre, se la correlazione esiste nel corso del ciclo solare, dovrebbe esistere pure nell’andamento di lungo periodo. Mi sarebbe piaciuto vederla.

  19. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Achab, infatti il punto è proprio questo, nel blog watts up with that è uscito recentemente un articolo molto interessante che fa riferim a una pubblicazione di Shaviv 2008, in cui si dimostra che l’heat content oceanico varia tra 1 e 2 watt durante il corso del ciclo solare. Questo metterebbe a tacere qualsiasi problematica riguardante eventuali variazioni nel backgronud. Se come sembra il clima e gli oceani sono così sensibili alle variazioni dell’attività solare, se ne deduce che NECESSARIAMENTE ci deve essere un meccanismo diverso di amplificazione non certo legato alla sensibilità climatica alle semplici variazioni di irradianza totale, anche perchè altrimenti la co2 avrebbe fatto “sfracelli” cosa che così non è stata. Alla luce di queste considerazioni, la ricostruzione di Svalgaard è molto più plausibile. Infatti con oltre 1 watt (forse quasi 2) di deficit per un periodo prolungato lascio a voi immaginare gli effetti sul clima globale. Cè anche un altro aspetto che combacia piuttosto bene. L’importanza della lunghezza di un ciclo solare e la sua correlazione con le T globali. Se il ciclo solare è lungo, significa che i minimi sono più prolungati e questo è sufficiente ad avere profonde ripercussioni sul clima globale. emozionante no?! 🙂

  20. Achab

    @Claudio Costa

    Perchè inizi con un “guardate” quando è esattamente ciò di cui abbiamo scritto? Devi darmi torto per principio anche quando diciamo la stessa cosa citando Svalgaard?

  21. Fabio

    Scusate ma, noi, in Italia, abbiamo dati ?
    I dati di cui sopra che origine hanno ?
    Non so, ad esempio a Camaldoli (Eremo) c’è sempre un frate meteo magari con dati dal XI, anno di fondazione.

    Magari ho scritto una cosa scontata o … 🙁

  22. Claudio Costa

    @ Achab e nowayout

    Guardate che Svalgaard ipotizza una ipersensibiltà del sistema climatico al sole!
    Posto che sia vera la contestata Svalgaard theory l’aumento dei massimi solari e l’amplificazione dovuta ai flussi magnetici solari hanno determinato il riscaldamento della terra dal 1650 diciamo fino al 1945 (per non entrare in polemica)

    Quindi:

    – o la terra accumula calore man mano
    – o il sole modifica notevolmente l’atmosfera da rallentarne il raffreddamento
    – o entrambe le cose.

  23. Achab

    @Sergio Musumeci

    Per quanto riguarda la ricostruzione di Svalgaard oserei dire che spero spero propio che siano obsolete; come lui stesso dice, se fossero vere questo implicherebbe una sensibilità climatica molto superiore a quanto si crede adesso. Il che non sarebbe una buona notizia 😉

  24. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Ho parlato delle ultime ricostruzioni di Svalgaard perchè quelle di Lean e di altri autori presentano variazioni troppo ampie alla luce di alcune ultime considerazioni esposte da Svalgaard nel blog da me riportato sopra. Temo che ormai quelle ricostruzioni siano obsolete. Non penso però che si debba per questo dire che allora il sole non possa essere un importante modulatore climatico. Quello che si può dire invece è che le variazioni di irradianza totale non sono un buon indicatore per l’effetto del sole sul clima e sull’atmosfera, perchè si basano su varizioni che probabilmente in watt sono troppo esigue, tutto qui.

  25. Lorenzo Fiori

    In ogni caso io escluderi proprio gli ultimi decenni dallo studio proxy perchè in quel periodo abbiamo misurazioni dirette da satellite certamente più affidabili delle stime indirette…

  26. Lorenzo Fiori

    @ Achab

    Ho capito solo ora il punto:

    mi stai dicendo che è stata plottata la colonna detrended e non quella trended della serie rosa ovvero l’ultima serie del 2000 e che invece con i dati trended della stes tutto torna o quasi e non c’è trend negli ultimi 50 anni?

    Scusa, non c’era arrivato per l’assurdità della cosa…

    Se le cose stanno così c’è un grave errore di fondo nel grafico e parzialmente anche nelle conclusioni dell’articolo: un bias dell’autore?

    La curva rossa però ha trend negli ultimi decenni, e qui si mette comunque in discussione la bontà dell’algoritmo di correzione a monte della serie rosa.
    OK

    Correggete quel grafico.

  27. Achab

    @Claudio Gravina

    Io non ho affermato che le due serie corrispondono.

  28. ERRATA CORRIGE, il codice esatto è:


    > op<-par(mfrow=c(3,1)) > plot(irrA,main="11yrCYCLE - Lean 2000",xlab=NULL)
    > plot(irrB,main="11yrCYCLE+BKGRND - Lean 2000",xlab=NULL)
    > plot(irrC,type="l",main="Lean 1995",xlab="Anno")
    > par(op)

  29. Uhm, no. Le serie non corrispondono. Lasciamo stare le 2 colonne, trend e detrend. Ora ho aperto, finalmente, i due file. In uno abbiamo proprio Lean 1995, e nell’altro abbiamo Lean 2000 (trend e detrend). Lean 1995 e lean 2000 non corrispondono. Per chi ha R, crei tre serie di dati (metterò poi i file a disposizione, appena avrò tempo), rispettivamente:

    irrA->Lean 2000 – Ciclo 11 anni
    irrB->Lean 2000 – Ciclo + trend
    irrC->Lean 1995

    e usate questo codice

    > op plot(irrA,main="11yrCYCLE - Lean 2000",xlab=NULL)
    > plot(irrB,main="11yrCYCLE+BKGRND - Lean 2000",xlab=NULL)
    > plot(irrC,type="l",main="Lean 1995",xlab="Anno")
    > par(op)

    Credo che la confusione nasca dalle serie rappresentate nel grafico e dai nomi. Lean 1995 non è detrended, ma sembrerebbe (uso il condizionale) frutto di un primo algoritmo di interpolazione, successivamente modificato in Lean2000 (e questo al di là di colonna 2 e 3).

    Chiaro è che i due file di input, essendo diversi, portano a risultati diversi nei GCM.

  30. Achab

    @Lorenzo Fiore

    Trend e background sono la stessa cosa. Fai il grafico con la serie nuova (colonne 1 e 3 nel file) e vedrai che il trend crescente quasi si arresta negli ultimi 50 anni.

    @Claudio Gravina

    Per fortuna è più semplice e non è necessario alcun calcolo da parte nostra. Nel file linkato alla fine del post originale di Guido Guidi ci sono tre colonne. La prima sono gli anni, la seconda il solo ciclo di 11 anni (quello graficato qui), la terza il ciclo di 11 anni più il trend (chiamato background nel file). Basta graficare la prima e terza colonna anzicchè la prima e la seconda.

    Chi usa questa ricostruzione nei GCM di certo userà la colonna corretta. Infatti è propio a questo aumento che è attribuito, secondo molti, l’aumento di temperatura osservato fino alla prima metà del secolo scorso.

  31. Ultima questione OT, non me ne volere Guido.
    Quindi la serie rosa è detrended, non ho avuto tempo di fare alcun calcolo, mi piacerebbe che li mostrassi tu Achab, visto che li hai già fatti. La valutazione ad occhio non vale, ovviamente 🙂
    Oppure se l’hai letto, sarebbe utile capire la bibliografia, perchè ieri ho (distrattamente) cercato letteratura in merito a quella serie e non ho trovato nulla.

    Per tornare IT, se la serie fosse effettivamente detrended, sarebbe doppiamente assurdo metterla in un GCM.

  32. Lorenzo Fiori

    @ Achab

    O non ho capito cos’è questo background (trend?) o da quello che vedo nella curva rossa c’è tutto sommato un trend crescente fino alle ultime decadi comprese…tutto li.

  33. Achab

    @Lorenzo Fiore
    La rosa e’ la serie del 2000 detrended. La rossa e’ la serie del ’94 incluso il trend. Non e’ quindi possibile fare un confronto diretto, bisogna prendere la serie del 2000 incluso il background.
    Detto questo, non ho capito cosa nella serie che include il background ti turba 🙂

    @Guido Guidi

    Per retare in topic, non vedo motivo di particolare clamore per una riduzione del trend di circa 0.5-0.6 W/m2. Chiamarlo “allineamento” mi sembra eccessivo soprattutto visto che questa variazione non porta ad una diversita’ di conclusioni.

  34. Temo si stia perdendo un pò la direzione nel discorso. Certamente è interessante capire come nascono queste serie, ma quel che resta sono le differenze in uno strumento che dovrebbe essere impiegato nei GCM. Ora, questa non è “la fonte”, è solo una delle fonti (pur autorevole), sta di fatto che quanto viene messo a disposizione per chi voglia impiegare questi dati ha subito una modifica, si è -come dire- allineata a quello che forse è il pensiero corretto, forse no, cioè la TSI non è un fattore di forcing di cui è necessario preoccuparsi più di tanto. Se questa poi non subisce variazioni importanti ancora meglio.
    gg

  35. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    Il discorso attività solare e relative proxy- TSI è piuttosto complesso. Gli ultimi lavori di Svalgaard dovrebbero essere quelli più vicini alla realtà. Su climateaudit cè un blog di Svalgaard in cui all’inizio del blog espone tutti i punti secondo i quali la TSI deve essere fortemente rivista (cì come molti degli altri indici solari). Ho provato a capirci qualcosa, ma ho bisogno di rileggere il tutto. Quanto alla ricostruzione di Lean del 2000, come Achab, anch’io sono perplesso su quel grafico perchè probabilmente non è stato riportato quello con la variazione del background, altrim le differenze sono minime rispetto alla ricostruzione del 1994. Questo è il link di Sv.:

    http://www.climateaudit.org/?p=3218

    Ci sono moltissimi spunti e discussioni interessanti, in genere la maggior parte delle ipotesi vengono cestiante da Svalgaard che secondo me, pur se preparatissimo nel suo campo, è un pò troppo cartesiano e riduzionista 🙂

    ps. non so se anche Lean abbia cambiato algoritmo nel frattempo…che io sappia le ultime sue ricostruzioni sono del 2004 o 2005.

  36. Lorenzo Fiori

    @Achab

    Scusa, ma nel precedente commento hai detto che la curva rosa è ‘detrended’ o sbaglio?

  37. Achab

    @Lorenzo Fiore

    Non ho capito cosa ti sorprende nei dati. Sono tutti dati calcolati usando come proxy propio le macchie solari e se guardi i dati corretti della nuova serie confermano l’andamento costante durante la seconda meta’ del secolo scorso.

  38. Lorenzo Fiori

    Il grafico rosso è piuttosto strano: in fondo i dati diretti satellitari mostrano uno scarsissimo incremento della TSI dagli anni ’60 in linea con l’attività delle macchie solari.
    Anche questo sarebbe da chiedere.

  39. Giorgio Stecconi

    Ok, provo a contattare la dott.ssa Lean…vi farò sapere. Anche a me non sono chiare alcune cose. A presto

  40. Achab

    I dati mostrati nel grafico sono quelli senza il trend di background. Così si ha la falsa impressione di filtraggi o manipolazioni incomprensibili dei dati. Graficando i dati corretti la curva risultante è molto simile alla vecchia serie.
    Immagino sia stato un banale errore nella colonna da graficare.

  41. Poi vado a dormire (lo dico, perchè forse Fiori dimentica ogni tanto che siamo pure noi esseri umani con vite parallele a questo sito…).

    Ho trovato, ma sicuramente Carlo e Guido già ne sono al corrente, un algoritmo per ricostruire la TSI, partendo dai proxy. La notizia negativa è che la formula è sviluppata da Krivova, Solanki et al., quella positiva invece è che ho visto l’algoritmo sviluppato in almeno 2 riprese a distanza di anni, ed effettivamente qualcosa cambia. Questo, ai fini di Lean vs Lean, non ci serve a molto, se non a poter affermare (con una discreta certezza), che sia cambiato l’algoritmo di regressione dei proxy, e non che si tratti di un artificio statistico successivo in fase di elaborazione dati.

  42. @ Lorenzo
    Qui nessuno getta sassi, cerchiamo solo di capire. Anzi, grazie al primo commento in lista capisco anche che la ricerca di collaborazione è stata accolta. Se volessi fare altrettanto anche tu invece di continuare a fare il Grillo Parlante te ne sarei grato. Anzi, visto che pensi sia così semplice ottenere queste informazioni perchè non ci dai una mano a trovarle e poi le condividi con noi?
    gg

  43. Lorenzo Fiori

    Scusate, ma perchè nessuno dice come sono stati ottenuti questi dati ovvero le serie storiche della TSI visto che le misurazioni dirette da satellite esistono dal 1960 circa e ci mettiamo a ragionare prima di tutto sul Metodo di queste ricerche?

    Poi potete sempre contattare il riceratore in questione e chiedere tutte le spiegazioni su tutti gli algoritmi che volete: forse è decisamente meglio che gettare il semplice sasso nello stagno, no?

  44. L’algoritmo indubbiamente c’è. Bisognerebbe capire se viene applicato durante la fase di ricostruzione con i proxy, o successivamente durante la fase di elaborazione dei dati.

  45. Sergio Musmeci (Copernicus64)

    La ricostruzione alternativa rappresentata nel grafico sembra più quella di Svaalgard del 2007. D’altra parte quella di Lean per quel che ne so si mantiente comunque su background differenti rispetto al ciclo undecennale di Shwabe nei diversi periodi storici. Nella ricostruzione di Svalgaard invece viene completamente azzerata qualsiasi variazione nel background. Quel che sembra più certo comunque, ossevando le variazioni di proxies isotopiche come il Be10 o il C14 è che le variazioni di questo tipo CAMBIANO e anche molto nel background di fondo (oltre alla variazione propria del ciclo di Shwabe). Ne consegue con tutta probabilità che anche l’intensità del campo magnetico solare ed interplanetario debba essere cambiata nel tempo. Al momento non ho ancora capito (e approfondito) la ragione del perchè l’irradianza sia stata così pesantemente revisionata da Svalgaard ed altri. Forse perchè è indipendente dalle variazioni di questi parametri solari e segue soltanto l’andamento magnetico toroidale del sole (legato alle macchie)?

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