Salta al contenuto

Acrobazie

In più di un’occasione ci è capitato di definire tutto il clamore che anima la discussione sul global warming come un circo. Avremo esagerato, saremo stati irriverenti nei confronti di quanti si dedicano con passione ed impegno alla sfida della ricerca, ma sono opinioni personali, delle quali nel nostro piccolo ci assumiamo in toto la responsabilità. E quindi lo facciamo di nuovo. Perchè sinceramente non saprei come definire se non come un numero da circo questo articolo apparso sul national Geographic News.

Dobbiamo sinceramente sperare in una larghissima autonomia interpretativa da parte di chi ha firmato il pezzo raccogliendo le dichiarazioni degli atleti, anche se le virgolette lasciano ben poche speranze che si sia trattato di un malinteso. Ora siamo alla negazione preventiva. Dalle mie parti si dice “mettere le mani avanti”, anche se questa pratica finisce inevitabilmente per favorire un fantastico scivolone all’indietro.

Dicevo le virgolette, eccole qua: “[Global warming] skeptics tend to leap forward” […] “I think you have to bear in mind that the CO2 is a good 50 to 60 percent higher than normal, whereas the decline in solar output is a few hundredths of one percent down. I think that helps keep it in perspective.”

Rullo di tamburi, suspence alle stelle, è arrivata l’acrobazia: Mike Lockwood, fisico dell’università di Southampton, ci spiega che, qualora l’attuale minimo solare dovesse prolungarsi ed assumere caratteristiche paragonabili a quelle dei minimi di Maunder e Dalton universalmente riconosciuti come causa del verificarsi delle Piccola Era Glaciale, non potrebbe comunque avere effetti sul clima così dirompenti, a causa dell’azione mitigante esercitata dalla modifica della composizione atmosferica di origine antropica. E quindi, per chi è scettico sulla teoria del riscaldamento globale, non ce n’è. Lui ne sa. Ne sa talmente tanto da stabilire una quantità da ritenersi “normale” della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e, su queste basi, quantifica l’eccedenza in un comodo 50-60%, decisamente più significativa della “piccola” variazione dell’output solare determinata dall’attuale fase di minimo.

In tre righe ci ha rivelato di aver capito esattamente come funziona il bilancio della concentrazione di anidride carbonica, quale ruolo abbiano ad esempio gli oceani o gli enormi depositi presenti sulla terraferma e quanto possa incidere la forzante solare sulle dinamiche del clima. La sua è decisamente la giusta prospettiva. Dopodichè fa un timido tentativo di recuperare coscienza di sè, asserendo che se la variazione dell’output solare dovesse avere ampiezza pari all’eccedenza di gas serra, assisteremmo alla fine della vita sulla Terra.

C’è poco da dire, per essere una delle più autorevoli fonti d’informazione scientifica hanno reso un bel servizio alla conoscenza. Ma noi non vogliamo essere da meno, perciò siamo andati a curiosare tra le pagine della NOAA, recuperando la previsione sull’intensità del ciclo solare numero 24, che tra l’altro non è ben chiaro se sia iniziato oppure no. Nel marzo del 2007, i massimi esperti di attività solare erano dell’idea che questo ciclo sarebbe stato piuttosto intenso con un numero medio di macchie solari attorno a 140. La forchetta di questa previsione era comunque molto ampia, tanto che il limite inferiore del numero di macchie era stimato attorno a 90.  Ora la previsione è stata aggiornata, causa evidente inattendibilità della prima. La nuova stima è di un ciclo decisamente debole, con un numero medio di macchie attorno a 90, cioè paragonabile al limite inferiore della prima previsione.

ssn_predict_20071

 

ssn_predict_20091

Nessuno sa cosa questo potrà significare per l’evoluzione del clima, non lo sa Lockwood, non lo sa la NOAA, nè nessun altro. L’unica cosa che si può fare è attendere, magari leggendo qualche bel libro di storia, cercando di documentarsi su cosa sia accaduto poche centinaia d’anni fa durante i minimi di Maunder e Dalton. Ma dubito che lo faranno, sono troppo impegnati a profetizzare cosa accadrà nei prossimi secoli.

NB:

  • I grafici e le informazioni sull’attività solare sono stati recuperati da Carlo Colarieti Tosti.
  • L’articolo sul National Geographic News mi è stato segnalato da Augusto Leonardi, uno dei nostri lettori.
Reblog this post [with Zemanta]
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteAttualitàClimatologia

9 Comments

  1. Claudio Costa

    Sempre da Nature tra 20 anni l’ora x della catastrofe climatica

    http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/ambiente/carlo-inghilterra-rinascimento/nature-30apr/nature-30apr.html?rss

    “Se non si agisce subito catastrofe tra 20 anni” – ambiente – Repubblica.it

    su repubblica-sorgenia

    si parla di “mettere il mondo in sicurezza”, ma pensa te!

    Mi piacerebbe sapere come fa Ferrara a dire che i pozzi non assorbiranno più, e su quali prove si basa l’affermazione che il cambiamento climatico subirà un’accelerazione drammmmmmaticaaaaaaaaaaaaa”

    Che errore dire tra 20 anni e non tra 100, tra 20 anni ci saranno molti di noi a verificare questi semi del catastrofismo

    The climate crunch Nature

    http://www.nature.com/news/2009/090429/full/4581091a.html

    C’è di tutto, dal riscaldamento senza precedenti alla vita media della CO2 di 1000 anniiiiiiiiiiiii

  2. Achab

    Concordo con Georgiadis sia sul rischio di distorsioni (nessun complotto) dell’uso dell’impact factor (o anche di altri indici proposti) sia sulla scelleratezza della decisione editoriale a monte di rifiutare certi articoli. Che pretendano piuttosto un lavoro più serio dai referee se non vogliono far passare, com’è giusto, articoli inconsistenti.
    Fortuna che esistono riviste più tecniche e speriamo che non accettino questa politica di rifiuto aprioristico.

  3. teodoro georgiadis

    Si’, mi e’ capitato di leggere la posizione di Nature in un editoriale.
    Nature e Science sono le riviste a piu’ alto impact factor (che e’ poi un modo per dire che hanno molti lettori): questo impact factor e’ un coefficiente che viene soventemente utilizzato nei concorsi per arrivare a calcolare quel punteggio che determinera’ il vincitore del concorso. Questo significa che, come nei modelli che dopo qualche run si perde la memoria delle condizioni iniziali, tra qualche tempo “chi conta” in questo settore sara’ chi piu’ fortemente ha creduto. O meglio: certamente non sara’ chi credeva meno.
    A qualcuno potra’ sembrare una teoria complottistica (chissa’ forse lo e’), credo pero’ che dichiarare a prescindere di non accettare lavori con un certo taglio sia pericoloso per la scienza gia’ di per se, e alla lunga anche per la democrazia in generale perche’ in tre generazioni di studenti otteniamo un mondo unidimensionale (consensus-science).
    Dopo le cosiddette inammissibili relazioni incestuose nel sistema di peer-review adesso si passa al “beruf verbot” diretto.
    A mio avviso ‘mala tempora currunt’
    teo

  4. Claudio Costa

    “…i direttori responsabili delle riviste Science e Nature hanno pubblicamente annunciato la loro decisione di non pubblicare articoli che mettano in dubbio la visione allarmista del riscaldamento globale antropogenico. Anche l’American Scientist, che ha adottato una posizione più aperta, ha rifiutato perfino di esaminare articoli che mettano in dubbio le conclusioni dell’IPCC, sostenendo, come ha sostenuto il suo direttore responsabile, che pubblicare articoli del genere sarebbe come pubblicare articoli secondo cui «la teoria della relatività generale di Einstein è falsa». Peccato che nessuno di questi direttori responsabili ha alcuna preparazione in scienza del clima.”
    Richard Lindzen

  5. Giusto, purchè non diventi troppo saporito.
    Ad ogni modo Nature non è una rivistaccia, tantomeno mi pare di averlo detto o scritto. Però purtroppo è impegnata nel sostenere la causa dell’AGW, per dichiarata linea editoriale. Padroni di farlo ma secondo me perdono di credibilità. Un editoriale poi non è un articolo scientifico, per cui esca su Nature o su Topolino ha la sola valenza di rappresentare l’opinione di chi lo firma. Anche qui padroni di farlo, ma il logo in calce alla rivista non può essere garanzia di equidistanza più di quanto lo siano i contenuti, e questi sono (per loro libera scelta) orientati.
    Quanto al NG, lo schieramento è ancora più palese, lo abbiamo appreso dal fantastico e famosissimo documentario “I sei gradi in più che sconvolgeranno la terra”. Ma torniamo all’articolo: può darsi che ci siano molti affezionati che gradiscono essere presi per i fondelli da questo genere di articoli, io personalmente preferisco di no.
    Il tuo suggerimento non ha senso: le riviste vanno lette tutte, basta farlo con spirito critico. Il problema semmai è che troppo spesso vengono pubblicate cose che presuppongono che il lettore non ne abbia di spirito critico e possa bere ogni genere di baggianata.
    Ad ogni modo, avrai notato che esiste una categoria “Voce dei Lettori”. Sarei ansioso di pubblicare un tuo post sull’argomento, il blog risulterebbe certamente più equilibrato. Che ne dici?
    gg

  6. Interessante, grazie Luigi. Comunque non mi preoccuperei, sarà sufficiente fondare un apposito centro di ricerca che ci spieghi come spegnere il sole. Ah, non si può fare? Beh, allora spegnamo le rotative, meglio vivere nell’oblio che nell’ansia che possa prender fuoco il cellulare…
    gg

  7. giordano monti

    … dunque, tempo fa ho linkato un editoriale di Nature e mi è stato risposto che certe rivistacce al giorno d’oggi non sono più affidabili… del National Geographic non ne parliamo più, venduto alla causa dell’AGW, il grande complotto globale contro i (poveri?) petrolieri… dell’IPCC, va beh, questi sono dei bugiardi matricolati, lo sanno tutti.
    Suggerisco a Guidi il tema del prossimo post: un elenco delle riviste scienche ‘pure’ che possiamo leggere, quelle che ancora non sono state traviate e comprate dai sostenitori dell’AGW.

    (perdonatemi la vena polemica: insaporisce il dibattito, no?)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »