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Un tempo da un miliardo di dollari

Non è una scommessa sulla prossima possibile-anzi-no-ma-forse-sì passata di neve a Roma quella cui faccio riferimento. Anzi, non è proprio una scommessa. Si tratta piuttosto di uno strumento di analisi messo a punto dalla NOAA in materia di danni provocati dagli eventi atmosferici estremi.

 

E’ qualcosa di molto mediatico, sia nei contenuti che nell’editing grafico. E, naturalmente, i media ci si sono tuffati traendo le solite molto affrettate conclusioni: il clima che cambia non solo ci arrostirà, ma probabilmente prima che questo accada ci ridurrà sul lastrico distruggendo a colpi di vento, inondazioni, siccità et similia tutto quello che abbiamo di più prezioso. Confido nel fatto che non fosse questo lo scopo perseguito da chi ha implementato questo progetto, diciamo che è stata cercata la diffusione di un messaggio il più comprensibile possibile, magari perché si prendano ancora di più le giuste precauzioni per difendersi da una Natura che, di fatto, proprio clemente non è mai stata. Che questa cambi oppure no.

 

Lo strumento consiste in un dataset che contiene tutti gli episodi di eventi estremi che abbiano prodotto almeno un miliardo di dollari di danni dal 1980 al 2012. Considerato che si parla degli Stati Uniti, la serie storica è dominata dai cicloni tropicali, dai tornado e dalle alluvioni, infatti consultando la componente grafica dello strumento balza subito all’occhio come gli eventi siano stati più frequenti negli stati che si affacciano sul Golfo del Messico, sulla costa orientale e negli stati centrali, appunto territorio spesso “prescelto” da questo genere di eventi.

 

L’highlight è che gli eventi che hanno raggiunto o superato la quota di un miliardo di dollari di danni sono sensibilmente aumentati. La grafica al riguardo è più che eloquente. Di qui, inevitabilmente, l’interesse dei media per tutte le linee di un grafico che in un modo o nell’altro evitano di essere noiosamente piatte.

 

noaa.inflation

 

Ora, questo dataset è normalizzato per l’inflazione, mentre non lo è per tutti gli altri aspetti che hanno fatto aumentare corposamente l’esposizione al rischio, come ad esempio l’inurbamento delle coste e ‘aumento intrinseco del numero delle cose/infrastrutture espposte al danneggiamento.

 

E infatti, dal blog di Roger Pielke jr, ci giunge notizia di un paper appena pubblicato su Natural Hazards, che cerca proprio di investigare sull’eventuale bias contenuto in questo dataset e sulla natura del segnale della frequenza di occorrenza e intensità di eventi ad elevato rischio di danni.

 

 

US billion-dollar weather and climate disasters: data sources, trends, accuracy and biases

 

 

Dalla loro analisi emerge che gli eventi che hanno superato l’asticella del miliardo di dollari sono aumentati del 5% all’anno dal 1980 al 2012, ma il trend dei danni provocati dai singoli eventi è piatto. Quindi, ancora una volta, nessun segnale di aumento degli eventi estremi o, per essere più corretti, nessun segnale di aumento degli eventi estremi è estraibile dalla conta dei danni.

 

Del resto, se le siccità sono diminuite, se gli uragani non sono aumentati né diminuiti, se i danni da tornado sono privi di trend, è evidente che si tratta di un problema di diminuzione della resilienza economica piuttosto che dell’aumento della pericolosità del tempo atmosferico.

 

Quando si leggono queste cose, e quando mi rendo conto di quanta attenzione venga ad esse dedicata (biased o meno che siano le analisi e le interpretazioni) negli USA, è inevitabile che il pensiero vada anche al nostro territorio, che non sarà teatro di uragani e di tornado, ma che di sicuro ha i suoi bei problemi meteorologici e questo livello di analisi e informazione ce lo possiamo sognare. Nonostante ciò, è pieno di cosiddetti “esperti” che si dicono certi che gli eventi intensi siano aumentati per frequenza e intensità e che i danni si muovano ovviamente di conseguenza, senza uno straccio di studio che supporti questa tesi. Speriamo che il gap con gli USA sia solo ventennale, come accade per quasi tutto il resto, potrebbe voler dire che presto o tardi ci arriveremo anche noi.

 

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Ah, la neve a Roma? Eh, e chi ce l’ha un miliardo di dollari!

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Published inAttualitàMeteorologia

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