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Mitigazione Bipartisan

All’inizio del mese di novembre è stato pubblicato su EOS, il settimanale dell’American Geophysical Union, un breve saggio scritto a più mani dal gruppo di ricerca di Roger Pielke Sr, che ha il pregio di contenere elementi ampiamente trasversali, in grado cioè di catturare l’attenzione e probabilmente anche il consenso, sia di chi è scettico sia di chi non lo è. In questo modo queste poche righe sono un successo a priori, a dimostrazione del fatto che un approccio ragionato, privo di catastrofismi o atteggiamenti superficiali, è quello che ci vuole per riportare la ragione nel dibattito sul clima, per spazzare via demagogia, ideologia, soprusi, gossip e quant’altro, restituendo alla ricerca il ruolo che gli è proprio, quello di promuovere e diffondere la conoscenza.

Nel loro pur breve intervento gli autori descrivono tre scenari mutuamente esclusivi, che si possono brevemente riassumere come segue:

  • L’impatto delle attività umane sul clima è trascurabile, e questo evolve soprattutto seguendo dinamiche naturali.
  • L’impatto delle attività umane sul clima è importante, ma lo sono anche le variazioni di origine naturale; tra i forcing antropici c’è sicuramente l’incremento dei gas serra, ma il ruolo che questi giocano è pari se non inferiore a quello di altri forcing sempre di origine antropica.
  • L’impatto delle attività umane sul clima è predominante ed è interamente ascrivibile all’incremento della concentrazione dei gas serra in atmosfera.

A loro parere, piuttosto condivisibile, la seconda ipotesi sembra essere quella maggiormente supportata dall’evidenza. Soprattutto in presenza di una vasta letteratura scientifica così orientata. Siamo dunque di fronte ad uno scenario ben più complesso di quello che vorrebbe attribuire alla sola CO2 le disgrazie del clima presente e futuro. Comprenderne le dinamiche e pernsare di fronteggiarle non può prescindere dall’affiancare alle politiche di riduzione delle emissioni delle iniziative che tengano conto del peso di questi altri forcing. Molti di questi inoltre, se non tutti, oltre ad essere poco compresi dal punto di vista scientifico, possono agire ora in fase ora in opposizione tra loro, in un sistema altamente non lineare quale è quello climatico, rendendo remota se non inarrivabile la possibilità di arrivare a predirne l’interazione su scala multidecadale.

A questo si aggiunge il fatto che i forcing antropici diversi dalle emissioni, sono presumibilmente in grado di avere un impatto importante su molte realtà di carattere strategico quali le risorse idriche, alimentari o energetiche. Il tutto a scala temporale di breve-medio periodo ed a scala spaziale molto più regionale che globale. E’ dunque in questi ambiti ben più ristretti che devono essere concentrati gli sforzi di previsione, valutazione del rischio e, ove possibile, mitigazione. Quanto fatto in questo senso può infatti risultare utile a prescindere dall’evoluzione del clima. Al riguardo aggiungerei che non c’è bisogno di andare a cercare l’assetto urbanistico delle coste soggette al rischio di uragani per capire di cosa si parli. Qui da noi, con il territorio che abbiamo ci sarebbe comunque un bel po’ da fare.

Con questo approccio, Pielke Sr. ed i suoi collaboratori si discostano non poco dalle determinazioni dell’IPCC, individuando in queste molti elementi di debolezza. Innanzitutto l’aver considerato un numero limitato di forcing diversi dai soli gas serra, ed averne comunque valutato l’impatto esclusivamente a scala globale piuttosto che regionale, ove invece possono essere più significativi i loro effetti e dove è maggiore l’esigenza di conoscerli ai fini del policy making. In secondo luogo l’aver basato la valutazione dei rischi in via esclusiva sulle proiezioni climatiche definite insufficienti e comunque non utili ai fini strategici di breve-medio periodo.

Insomma quella che propongono è una discreta virata, accattivante, ma anche capace di attrarre l’attenzione di detrattori di vario genere. Tra questi chi ha basato la propria strategia sulla lotta senza quartiere alle emissioni e solo a quelle (per molti aspetti gli accordi internazionali nati e nascituri vanno in questa direzione), includendo anche gli ambienti finanziari molto favorevolmente impressionati dal mercato del Carbon Trading, avrebbe certamente qualcosa da obbiettare. E’ probabile poi che qualche parere non entusiasta venga anche da qualche settore della ricerca stessa, perchè, il livello di comprensione scientifica piuttosto basso dei forcing diversi dai gas serra, impedirà, almeno fino a quando non sarà salito, di continuare ad asserire che il riscaldamento occorso negli ultimi 150 anni è molto probabilmente (leggi >90%) interamente ascrivibile alle attività umane. Questo bagnerebbe la polvere da sparo a tutti quelli che amano i “big public splash”, tanto per usare una terminologia cara ad alcuni gruppi di ricerca molto fashion.

Nonostante ciò, forse qualcosa si sta già muovendo in questa direzione, considerato il fatto che ad esempio Filippo Giorgi, focal point per l’Italia presso l’IPCC ebbe a dichiarare circa un anno fa che è nelle intenzioni del Panel di rivedere la scala spaziale e temporale delle valutazioni. Sarà così? Speriamo, magari ci sta che si riesca a dirottare qualche risorsa verso interventi tangibili sul territorio piuttosto che nell’inseguimento delle molecole “farfalla” di CO2.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

7 Comments

  1. teo

    Ho letto l’editoriale di Nature…che ovviamente e’ uno scherzo di capodanno vero?
    Anche l’altra lettura suggerita e’ uno scherzo di capodanno vero? Pachauri lo chiama “unfortunate incident”.

    Bellissimo. Abbiamo tutti scherzato.
    Parlare delle e-mail e’ una “pruderie”. In fondo siamo tutti esseri umani puo’ capitare. Non si dovrebbe neppure parlare di questa intercettazione illegale. Si’ qualche piccolo incidente ma fatto per il bene comune. Non disturbare il timoniere. Ancora a parlare di queste cose. Questo in fondo non cambia nulla nel quadro generale.

    Io queste frasi le ho gia’ sentite anche in altri contesti, mi sbaglio?

    • No Teo, temo facciano sul serio. 🙂
      gg

  2. Daniele Gamma

    Lo posso scrivere che Caserini, secondo me, non ci fa’ una bella figura?
    Oooops l’ ho gia’ scritto!!
    Sembra di sentir parlare un tecnico, Guidi e un politico, Caserini, peccato che a Copenaghen ci andranno i politici.

    Ma poi che c’ entra la Gelmini ?

  3. Giovanni Pellegrini

    Volevo segnalare i due articoli di nature:

    Climatologists under pressure
    http://www.nature.com/nature/journal/v462/n7273/full/462545a.html

    Battle lines drawn over e-mail leak
    http://www.nature.com/news/2009/091202/full/462551a.html

    Metto in evidenza un passaggio del primo articolo:

    “The stolen e-mails have prompted queries about whether Nature will investigate some of the researchers’ own papers. One e-mail talked of displaying the data using a ‘trick’ — slang for a clever (and legitimate) technique, but a word that denialists have used to accuse the researchers of fabricating their results. It is Nature’s policy to investigate such matters if there are substantive reasons for concern, but nothing we have seen so far in the e-mails qualifies.”

    Cordiali Saluti

    Giovanni Pellegrini

    • Grazie Giovanni,
      dal primo abbiamo capito che chi non è nel mainstream, in realtà cospira contro i buoni, li aggredisce ingiustamente, fa loro perdere tempo con ingiustificate richieste di dati e, siccome questo accade oltre i limiti della tolleranza umana, essendo loro umani, finiscono con agire in modo da minare i valori dell’etica scientifica. Cioè, alla fine della filippica scopriamo che per una serie di ragioni (tutte valide) l’etica scientifica è stata in qualche modo trascurata.
      Dal secondo invece, con mia grande sorpresa, apprendiamo che chi non ha le credenziali non dovrebbe chiedere i dati, specie se accompagna queste richieste asserendo che l’uomo non discende dalle scimmie la terra è piatta etc etc.. Curiosamente, quelli che danno i dati sono gli stessi che danno le credenziali, ma questo è un particolare insignificante.
      Come comune denominatore i due articoli hanno la certezza, che condivido pienamente, che tutto ciò non arriverà a CO2penhagen. Facile pronostico, non si parlerà mica di clima!
      Comunque comprendo la presa di posizione del giornalone. Qualcuno di voi ha mai provato a chiedere all’oste se il vino è buono?
      gg

  4. Teo Georgiadis

    Grazie Daniele,
    perche’ il Guido non l’aveva detto del confronto con Stefano Caserini!
    Ottima lettura.

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