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Tag: Scioglimento dei ghiacci

Ma quanto caldo fa al freddo?

Come ampiamente descritto anche sulle nostre pagine, qualche settimana fa il ghiaccio artico ha girato la boa del minimo stagionale, prendendo quindi nuovamente la via del congelamento. Quest’anno i media non si sono abbandonati ai soliti peana, quella disponibile era in effetti una ‘non notizia’ in termini di clima che cambia e cambia male, perché per diverse ragioni, non tutte note, si è sciolto molto meno ghiaccio di quanto se ne é sciolto nelle passate stagioni calde. Inoltre, altra ‘non notizia’ di questi giorni, il congelamento sta avvenendo molto in fretta, tanto che l’estensione del ghiaccio (figura sopra IARC-JAXA la fonte), è già quasi in linea con la media di riferimento.

 

E’ però chiaro che se una notizia non c’è qualcosa si deve pur fare per crearne una, per cui, dal flusso interminabile di pubblicazioni scientifiche in materia di clima che ormai ci sommerge, ecco spuntare un paper e un comunicato stampa dell’università che lo ha patrocinato che in modo piuttosto lapidario recitano:

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Un po’ di fatti freschi

E’ domenica, evitiamo sforzi intellettuali di cui poi potremmo doverci pentire. Da dubbiosi sulla catastrofe climatica quali siamo, questa prudenza è il minimo, perché le risorse cognitive si sa, le abbiamo limitate.

 

Quindi stiamo ai fatti e, sempre in accordo con il limite di cui sopra, guardiamo essenzialmente le figure (fonte).

 

Fatto # 1: l’Antartide non sa che è uscito l’AR5 ed ha dimenticato di iniziare la fase di scioglimento.

 

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Clima: lo strano comportamento dell’Antartide

Ad una analisi oggettiva e distaccata, i dati sul continente di ghiaccio ci parlano chiaramente di una situazione anomala rispetto al resto del pianeta. Vediamo di capire perché…

 

Una visione oggettiva – Cerchiamo per una volta di guardare alle questioni climatiche in modo distaccato e oggettivo, rimanendo fedeli ai dati piuttosto che alle nostre tesi. Quello che voglio mostrare è una serie di dati relativi al continente antartico, senza tesi preconcette da dimostrare, ma solo uno scenario da svelare. Scenario che sta sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono guardare a occhi nudi, senza gli occhiali della loro idea climatica.

 

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Com’è freddo il global warming…

Alcuni giorni fa, attraverso il blog di Andrew Montford (Bishop Hill), mi sono imbattutto in una notizia interessante e anche in controtendenza direttamente dal mondo reale. La fonte è il sito web Sail-World, un portale di informazioni per i naviganti, con specifico riferimento al diporto e alle attività sportive. Senza mezzi termini leggiamo l’incipit:

 

Dopo decadi di cosiddetto global warming, il Passaggio a Nordovest ha quest’anno un significativo 60% in più di ghiaccio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I sogni futuri di dozzine di avventurosi marinai sono ora minacciati. Un certo numero di imbarcazioni inoltratisi nel leggendario Passaggio sono bloccati dal ghiaccio, che ora blocca entrambi gli accessi, con la stagione di transito che potrebbe finire presto. Douglas Pohl racconta la storia: […]

 

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Il termometro dell’AGW è l’Antartico, non l’Artico.

La dottrina del riscaldamento globale, ma soprattutto la dinamica della redistribuzione sul pianeta del calore in eccesso ricevuto dalle latitudini equatoriali, insegnano che i poli, ovvero le alte latitudini, si scaldino di più e più velocemente del resto del pianeta. Questo effetto è normalmente definito amplificazione polare. Cioè, all’insorgere di una forzante che alteri l’equilibrio del bilancio radiativo e lo faccia in modo uniforme e ben distribuito sull’intero globo, identificata nella fattispecie nell’accresciuta concentrazione di gas serra, gli effetti in termini di aumento delle temperature medie devono essere molto evidenti ai poli, un po’ meno alle medie latitudini e quasi assenti nelle aree tropicali e sub-tropicali.

 

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Influenza della fusione dei ghiacci groenlandesi sulla variazione del livello del mare: non è solo questione di GW

In un mio precedente post ho avuto modo di commentare l’influenza del tasso di fusione delle calotte glaciali antartiche e groenlandesi sulla velocità di variazione del livello del mare. La conclusione del post metteva in risalto la grande incertezza che caratterizzava le stime del contributo delle calotte glaciali antartiche e, soprattutto, groenlandesi nella determinazione della variazione del trend dell’accelerazione del livello del mare.

Ad aumentare l’incertezza, qualora ve ne fosse bisogno, ha contribuito un interessante articolo da poco pubblicato su Nature Geoscience  (qui l’abstract):

 

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Sud est asiatico, un clima assetato di certezze

All’inizio della settimana scorsa, partendo da uno spunto piuttosto casuale, siano tornati a parlare del rischio che si corre basando le policy su ipotesi non verificate che quando queste ultime si rivelano errate. Nei prossimi mesi con una cadenza che sarà attentamente studiata in termini di efficacia della comunicazione, saranno pubblicate le varie parti del nuovo report dell’IPCC, il quinto. E’ qualcosa che abbiamo già visto, molti ricorderanno infatti che nel 2007 sono usciti via via i summary for policy makers delle tre parti del 4AR e poi è uscito il report per intero.

 

Sebbene quelli che contano siano gli approfondimenti scientifici contenuti nel corpo del volume, è chiaro che la maggior parte degli interessati leggeranno soprattutto, ove non esclusivamente i sommari per i decisori, quelli con i numeri più significativi e con le immagini più esplicative. Per esempio come i numeri e le immagini che nel 4AR furono dedicate alla trattazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sui ghiacciai dell’Himalaya, dati per defunti nel 2035 e successivamente resuscitati almeno fino al 2350 in quella che si è rivelata essere una dei più terribili passi falsi in cui si è imbattuto il panel ONU per i cambiamenti climatici. Ad uno scioglimento repentino dei ghiacci dell’Himalaya, si associavano infatti vari presagi di sventura per le popolazioni dell’area la cui disponibilità idrica è strettamente legata proprio alle dinamiche dei ghiacciai. Da notare, inoltre, che le proiezioni dell’IPCC andavano nella direzione di una drastica riduzione della portata dei fiumi successiva allo scioglimento pur in un contesto generale di tendenza all’aumento delle precipitazioni. Di per se questo già introduceva all’epoca qualche dubbio circa l’affidabilità di queste proiezioni, sebbene il tutto sia stato poi sovrastato dalla querelle sorta intorno all’errore più marchiano, appunto quello relativo al periodo in cui tutto ciò sarebbe dovuto accadere.

 

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Groenlandia, ieri le nubi, oggi il jet stream

Allora, breve riassunto delle puntate precedenti.

Nel luglio scorso, la patina superficiale della coltre di neve che copre la Groenlandia e lo spesso strato di ghiaccio che la sovrasta, subì improvvisamente un rapido processo di scioglimento. Un evento anomalo ma non senza precedenti, come documentato dalle discussioni che inevitabilmente nacquero nei giorni a seguire. All’epoca, naturalmente, l’imputato numero uno era il riscaldamento globale, cioè colpa del clima e non del tempo. Questo il nostro commento “a caldo”.

 

Nell’aprile scorso, invece, abbiamo pubblicato il commento ad un paper in cui si attribuiva quell’evento alla formazione di nubi basse tipiche delle latitudini settentrionali, quindi tempo e non clima.

 

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Letture per il week end

Qualche consiglio di lettura, qualche spunto di riflessione, qualche ovvietà, qualche catastrofica predizione, insomma tutti gli ingredienti ideali per affrontare un week end che non si prospetta molto assolato, con un po’ di letteratura scientifica. Il tutto, come spesso accade, veicolato dalle pagine di Science Daily.

 

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