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Tag: Sostenibilità 

Una sostenibilità sostenibile

Il titolo di questo post non è un gioco di parole, quanto piuttosto un obbiettivo che dovrebbe essere perseguito. La realtà, sfido chiunque a negarlo, è spesso cruda, come quella di questi tempi, ma ha anche il difetto di superare sempre l’immaginazione, anche quella animata dalle migliori intenzioni.

 

E’ di qualche giorno fa la notizia del dietrofront della Commissione Europea rispetto alle politiche climatiche che ne hanno caratterizzato il lavoro negli ultimi anni. Votando contro il provvedimento che sarebbe dovuto intervenire in soccorso del mercato ETS, scrive Roger Pielke jr, alle policy climatiche è stato assegnato un posto in sala d’attesa, manifestando (per fortuna!) il fatto che gli europei non sono diversi dagli altri abitanti di questo pianeta e, quindi, di fronte all’alternativa tra tentare di tamponare gli effetti di una crisi economica divenuta cronica e perseguire policy climatiche molto costose e dai dubbi risultati, hanno razionalmente scelto la prima opzione. La fine di un brand, cioè di un simbolo che ha ben rappresentato l’impegno nelle policy climatiche, ma che è stato sin dall’inizio privo di sostanza. Difficile pensare che questo cambiamento nell’orientamento del Parlamento Europeo, possa non avere a che fare con quello che i singoli stati fanno in barba a quello che dicono di voler fare. Il carbone, la tanto vituperata materia prima fossile i cui residuati di combustione avrebbero dovuto essere oggetto di tassazione sempre più stringente al fine di limitarne il consumo, è salito al 30% nel mix energetico su base globale (+5% nel 2012) e al 33% in Europa, con paesi “molto verdi” come la Germania, l’Inghilterra e la Francia, che guidano la classifica dell’aumento delle importazioni. Curiosamente, l’Italia, sprecona e inquinante, è al 12%, 19 punti percentuali sotto la media europea (Corriere e Repubblica). E così ora, fallite per manifesta inadeguatezza le policy di mitigazione, si passa all’adattamento, puntando sul mercato assicurativo. Che Dio ce la mandi buona.

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L’insostenibile leggerezza del calcolo

Questo e’ un post sulla sostenibilità, vocabolo di gran moda e molto spesso abusato. Lo affronteremo con calma, grattando appena la superficie, sperando che si voglia scendere più a fondo nel dibattito che seguirà.

Cominciamo con una domanda da bar. Considerato il modo in cui si sente continuamente parlare della disponibilità di risorse e della scarsità delle stesse in un contesto di insistente crescita demografica, secondo voi, le risorse alimentari disponibili su questo pianeta, sono sufficienti a sfamare tutti? In poche parole, il fatto che ci siano ancora circa un miliardo di persone in condizioni di denutrizione e’ frutto dell’assenza di cibo?

La risposta e’ semplice: no. E non sarebbe così neanche se al mondo fossimo da uno a tre miliardi in più.

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Ancora dal Dipartimento delle opinioni: Lomborg, Rio e i poveri veri

Ecco un esempio di come le cose sensate debbano comunque essere lette anche se non si è d’accordo su tutto. Nella fattispecie non condivido le certezze di Bjorn Lomborg sul riscaldamento globale, ma tutto il resto – e c’è molto altro – decisamente sì.

L’articolo che segue è uscito un paio di settimane fa sul magazine Newsweek. E’ un po’ lungo e per far prima ho usato google translate correggendo solo ove necessario. Buona lettura.

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Bjorn Lomborg sul summit verde di Rio: La povertà inquina

Il prossimo summit verde delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro è in difficoltà e con buona ragione. I progettisti della manifestazione mammut non sono riusciti ad accordarsi su cosa dire nel documento finale, ironicamente chiamato “Il futuro che vogliamo.” Questa settimana, i dignitari si incontrano a New York City per un ultimo tentativo di trovare un terreno comune.

Non sarà facile. Negli ultimi quattro decenni, la preoccupazione delle Nazioni Unite per le questioni “verdi” si è spostata sempre di più verso le preoccupazioni alla moda dei ricchi occidentali e lontano dalle legittime preoccupazioni della stragrande maggioranza della popolazione della terra.

Non è stato sempre così. Quarant’anni fa, la prima conferenza dell’ONU sull’ambiente a Stoccolma ha contribuito a cristallizzare la necessità globale di una sana politica ambientale. Nei successivi 20 anni, tuttavia, l’enfasi è stata condizionata molto di più guidato da preoccupazioni occidentali. Mentre quella di Stoccolma era stata una conferenza sul tema “Ambiente Umano”, il tema del Summit della Terra di Rio del 1992 è stato “Ambiente e Sviluppo” e lo sviluppo ha avuto il sedile posteriore.

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No, no… allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

Ecce Bombo, era il 1978, ben 14 anni prima della conferenza di Rio del ’92. Ora siamo prossimi a Rio+20, ma il dubbio è rimasto lo stesso. Del resto l’appuntamento è mondano, quasi estetico, lecito quindi avere dubbi al riguardo. Però, al termine di lunghe riflessioni, pare che la gran parte delle incertezze sia ormai fugata.

Dall’ANSA:

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“Earth Hour” ovvero il “green irreality show”.

Un movimento globale per la sostenibilità del nostro pianeta. L’Ora della Terra (Earth Hour) è il grande evento globale WWF per il clima che coinvolge cittadini, istituzioni e imprese “in azioni concrete per dare al mondo un futuro sostenibile e vincere la sfida del cambiamento climatico”. L’evento centrale romano è stato la pedalate di 128 biker volontari, che per oltre un’ora hanno donato l`energia allo speciale “Palco a pedali-Goodbike” dal quale il gruppo dei “Tetes de Bois” hanno cantato il loro messaggio per il pianeta insieme al WWF.

Su CM già nel post “Earth Hour: se di notte i pannelli non producono si ricorre all’uomo da soma” è stato scritto provocatoriamente di quanto sia contrario all’idea di progresso pensare di utilizzare l’uomo al posto di ciò che possono fare meglio e più efficacemente talvolta gli animali ma preferibilmente le macchine, di quanto è ipocrita effettuare in queste occasioni la promozione di azioni che si possono sostenere solo in poche occasioni.

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In questo manicomio succedono cose da pazzi! (Totò)

L’ultima volta che mi sono occupato di frutta su CM è stato in “Una mela al giorno toglie il pensiero unico “radical-chic” di torno”, nei giorni scorsi una notizia molto diffusa, orgoglio italiano, è stata quella relativa al record storico per le esportazioni di vino italiano nel mondo: per la prima volta, infatti, è stato superato l’importo record di 4 miliardi di euro, in aumento del 13 per cento rispetto allo scorso anno. Il vino è diventata la voce piu’ importante dell’export agroalimentare nazionale con oltre la metà del fatturato all’estero che viene realizzato nei Paesi dell’Unione Europea, con la Germania (+10%) in testa tra i paesi comunitari che apprezzano il vino Made in Italy seguita dalla Gran Bretagna (+10%). Poco meno di un quarto del fatturato estero è stato però ottenuto negli Stati Uniti con un aumento record in valore del 16% nel 2011. La vera sorpresa viene pero’ dai paesi asiatici a partire dalla Cina dove le esportazioni di vino sono praticamente raddoppiate (+80%) mentre continua a crescere la Russia (+16%) (fonti qui e qui).

Insomma grande soddisfazione per l’esportazione del vino a “Km20000”, prodotto in Italia e bevuto in Cina.

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Verso il collasso degli ecosistemi? – Footprint index e overshoot day – Aggiornamento

Luigi Mariani ci propone una interessante analisi dei sistemi di calcolo dell’Overshoot day, dalla quale si evince quanto sia fuorviante l’approccio seguito dal Global Fottprint Network, proponendo al contempo delle proposte operative a mio parere molto più condivisibili. Guido Guidi

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