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Mese: Aprile 2013

Il livello del mare cresce molto più del previsto, ma anche molto meno del previsto: per cause prevalentemente naturali, però!

Nel recente passato ho avuto modo di esporre (qui e qui CM), alcune considerazioni relative ad articoli che si occupano del livello del mare e, in particolare, delle variazioni della velocità di aumento del livello del mare. Dal confronto delle varie pubblicazioni si può facilmente capire che la questione della velocità di variazione del livello del mare è piuttosto controversa: se da un lato molti autori sono propensi a scommettere su un forte aumento della velocità di variazione del livello del mare nei prossimi decenni, altri sono piuttosto scettici e propendono per un aumento del livello del mare piuttosto modesto. Le due linee di pensiero si rifanno, in linea di massima, a due modi differenti di stimare le variazioni del livello del mare: da una parte troviamo i fautori della modellazione semi-empirica, dall’altra i fautori dei modelli globali che stimano l’evoluzione dei fattori fisici che contribuiscono alla variazione del livello del mare nel futuro.

 

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Un clima insensibile ma di gran moda

Un paio di settimane fa abbiamo parlato del nuovo paper pubblicato sulla rivista dell’AMS a firma di Nick Lewis sulla sensibilità climatica. Uno studio che va a collocarsi tra quelli che, specie negli ultimi tempi, sono orientati a descrivere il sistema climatico come scarsamente sensibile al forcing antropico. Per sensibilità climatica, lo ripetiamo per quanti non dovessero essere addentro al problema, si intende il riscaldamento atteso in ragione di un raddoppio della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera rispetto ai valori pre-industriali e scaturisce dalla somma del contributo diretto della CO2 più quello, amplificante o mitigante, di tutti i meccanismi (noti e non) che si metterebbero in moto in ragione di questo contributo. E’, di fatto, il tema centrale del dibattito sulle origini del riscaldamento globale e, soprattutto, sulla sua evoluzione.

 

A dimostrazione del fatto che la questione sia tutt’altro che conclusa, anche questo paper ha suscitato un vibrante dibattito nell’ambiente scientifico. La discussione si è accesa molto rapidamente, come ormai accade spesso da quando la rete si è popolata di ambienti di discussione cui contribuiscono anche molti autorevoli scienziati, segnando una volta di più dei punti in favore del libero scambio delle informazioni anche al di fuori dei normali canali delle pubblicazioni scientifiche.

 

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Una sostenibilità sostenibile

Il titolo di questo post non è un gioco di parole, quanto piuttosto un obbiettivo che dovrebbe essere perseguito. La realtà, sfido chiunque a negarlo, è spesso cruda, come quella di questi tempi, ma ha anche il difetto di superare sempre l’immaginazione, anche quella animata dalle migliori intenzioni.

 

E’ di qualche giorno fa la notizia del dietrofront della Commissione Europea rispetto alle politiche climatiche che ne hanno caratterizzato il lavoro negli ultimi anni. Votando contro il provvedimento che sarebbe dovuto intervenire in soccorso del mercato ETS, scrive Roger Pielke jr, alle policy climatiche è stato assegnato un posto in sala d’attesa, manifestando (per fortuna!) il fatto che gli europei non sono diversi dagli altri abitanti di questo pianeta e, quindi, di fronte all’alternativa tra tentare di tamponare gli effetti di una crisi economica divenuta cronica e perseguire policy climatiche molto costose e dai dubbi risultati, hanno razionalmente scelto la prima opzione. La fine di un brand, cioè di un simbolo che ha ben rappresentato l’impegno nelle policy climatiche, ma che è stato sin dall’inizio privo di sostanza. Difficile pensare che questo cambiamento nell’orientamento del Parlamento Europeo, possa non avere a che fare con quello che i singoli stati fanno in barba a quello che dicono di voler fare. Il carbone, la tanto vituperata materia prima fossile i cui residuati di combustione avrebbero dovuto essere oggetto di tassazione sempre più stringente al fine di limitarne il consumo, è salito al 30% nel mix energetico su base globale (+5% nel 2012) e al 33% in Europa, con paesi “molto verdi” come la Germania, l’Inghilterra e la Francia, che guidano la classifica dell’aumento delle importazioni. Curiosamente, l’Italia, sprecona e inquinante, è al 12%, 19 punti percentuali sotto la media europea (Corriere e Repubblica). E così ora, fallite per manifesta inadeguatezza le policy di mitigazione, si passa all’adattamento, puntando sul mercato assicurativo. Che Dio ce la mandi buona.

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Sulla previsione dei terremoti

L’articolo che segue è stato pubblicato sul N°25 della rivista Liberambiente nel gennaio 2013.

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Le recenti crisi sismiche che hanno colpito alcune regioni italiane ( Emilia-Romagna e Calabria in particolare) ripropongono ancora una volta drammaticamente il problema della previsione dei terremoti. In merito dobbiamo però fare una chiara distinzione tra la previsione spaziale  e la previsione temporale. Nel primo caso si hanno informazioni sul “dove” possono avvenire, mentre nel secondo su “quando”. Se per il primo quesito possiamo rispondere con certezza, così non è purtroppo per il secondo.

Le notizie storiche sulle aree colpite in passato dai terremoti ci permettono di prevedere dove essi possono accadere; è su questa base che sono state realizzate le carte di pericolosità sismica  del nostro territorio, classificato anche in funzione della intensità sismica attesa, sempre sulla base dei dati storici. Si tratta quindi di una previsione su base probabilistica. Non è così, purtroppo, per il secondo quesito: quando avverrà il terremoto e soprattutto a che ora? In ogni occasione di crisi sismica, le notizie che vengono fornite dagli addetti al controllo sismico  nazionale, sono sempre le stesse: si informa la opinione pubblica sulla intensità delle scosse (magnitudo), la profondità dell’ipocentro (l’area di origine del sisma), si danno generici consigli circa la pericolosità del fenomeno in atto e sulla sua probabile evoluzione. In tutte queste informazioni è poco incisivo il riferimento geologico. Al contrario la scienza geologica può dare contributi per tentare di capire cosa sta accadendo.

 

 

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I meteo “deliri” sulla primavera/estate 2013

Il materiale che segue me lo ha mandato Lucio Camporesi, uno dei nostri lettori. Senza alcuna pretesa di entrare nell’agone delle “previsioni impossibili”, le sue riflessioni (o deliri, come egli stesso li definisce), possono essere comunque un punto di partenza (a parte una terminologia a tratti tipicamente forumesca 🙂 ). Naturalmente, lo aspettiamo tutti al varco nei prossimi mesi. Per adesso buona lettura.

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Per provare a determinare una linea di tendenza per il resto della primavera e l’estate prendiamo in esame un indice che ci aiuta a capire lo stato di salute del vortice polare stratosferico, il serbatoio di freddo per il nostro emisfero. Il vortice, dopo l’evento di SSW di metà gennaio, non si è più ricompattato a dovere, continuando quindi a lanciare “bombe” gelide verso sud.

 

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Elitocrazia illuminata, possibilmente con lampade a basso consumo

Ieri l’altro è andato in scena un tragico surrogato della festa della Mamma, la festa della “Madre Terra“. Non so se qualcuno abbia per l’occasione procurato anche un vitello d’oro o altri oggetti da venerare, certo è che una volta di più si è palesato il volto del culto religioso dei nostri giorni, con l’aggiunta di sinistri proponimenti autoritari dei partecipanti alla funzione.

 

Sul non-so-veramente-cosa-sia Settegreen del Corriere della Sera, si è deciso di dar la parola a Jørgen Randers, che pare sia uno dei padri del dibattito sulla sostenibilità e al suo recente saggio “2052: Scenari globali per i prossimi quarant’anni“. Randers, insieme ad altri trenta esperti di previsioni sistemiche (sic!), ha emesso il suo verdetto stile Zaratustra: “[…] il mondo si muoverà inesorabilmente verso una crisi climatica abnorme“. A meno che, sottolinea, non si prendano decisioni che però l’attuale sistema di democrazia partecipata non è in grado di prendere e dovrebbero quindi essere imposte da un sistema tecnocratico formato da una élite di illuminati che sappia guardare al futuro.

 

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Il consenso in una cella di excel

Un foglio elettronico, un risultato clamoroso, un consenso concesso perché non si vedeva l’ora di farlo, un valore sbagliato in una cella, un risultato sbagliato, una figura da cioccolatai. Queste, più o meno con questa successione, le cose che sono accadute, con la crisi iniziata nel 2008 divenuta cronica forse anche in ragione di questi eventi.

 

Non parleremo di clima, almeno non subito, ma ci torneremo presto. L’argomento di oggi mi è stato suggerito da uno dei nostri lettori, che tra l’altro mi onora della sua amicizia. Ecco qua, due articoli molto simili usciti uno sul Financial Times e l’altro sul New York Times. Concentriamoci sul secondo, perché è di libera lettura (FT richiede la sottoscrizione) e perché lo ha scritto Paul Krugman, già premio nobel per l’economia, che magari non ne saprà di clima ma di certo ne sa di soldi e dintorni.

 

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Ai nastri di partenza una nuova fase climatica? – Parte III

Le due parti precedenti le trovate qui e qui, poi, a breve, sarà disponibile un documento in pdf per il download di tutto il lavoro. Questo post resterà in evidenza per qualche giorno, quelli che seguiranno li trovate subito sotto.

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Nella terza parte ci apprestiamo a ricercare le possibili cause del riscaldamento globale che ha interessato il nostro pianeta a partire dalla metà del 1850 e più segnatamente dai primi anni del XX secolo. Premetto che sono solitamente molto restio nel trattare la variabile temperatura per diverse ragioni. La prima riguarda la non chiara attendibilità oggettiva dovuta al diverso trattamento dei dati, tanto che nei data-set disponibili si riscontrano anche notevoli differenze. La seconda è dovuta alla spesso difforme classificazione secondo gli standard WMO delle stazioni di rilevamento con la loro reale ubicazione, la distribuzione areale delle stesse essendo concentrata in massima parte nell’emisfero boreale e nella fascia delle medie latitudini degli USA, Europa e Asia orientale. Per il resto, in assenza di dati certi, si usano tecniche matematiche di interpolazione e omogeneizzazione.

 

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