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Tirare l’acqua al proprio mulino

Certo, di questi tempi parlare d’acqua non è proprio il massimo, tuttavia, siamo comunque nella stretta attualità. Gli eventi atmosferici recenti ed attuali hanno fatto suonare più di qualche campanello d’allarme. Siamo di fronte ad una deriva incontrollabile degli effetti del maltempo sul territorio? Siamo alle prese con danni e perdite economiche sempre più ingenti?

Uno dei cavalli di battaglia di quanti sostengono che gli eventi estremi siano aumentati per numero e intensità, è quello che tale segnale sarebbe inoltre evidenziato dall’aumento esponenziale dei costi sociali di questi eventi (qui un esempio). In tutti questi interventi tuttavia, non è chiaro perché ci si dimentichi sempre di specificare che, in particolare per il nostro Paese, la bibliografia scientifica sull’argomento è decisamente scarsa, spesso contraddittoria e, soprattutto, assolutamente poco ‘robusta’, per effetto di una sostanziale assenza di dati storici che siano stati resi opportunamente omogenei ed affidabili. E questo vale tanto per gli aspetti puramente meteorologici e climatici, quanto per quelli economici.

Neanche a dirlo, in molti altri paesi del mondo non è così. Gli studi sono chiari ed approfonditi e, ironia della sorte, dicono cose ben diverse dalle opinioni affidate al vento (è invece il caso di dirlo) con cui i nostri ‘esperti’ nutrono i media generalisti. Per carità, tutto il mondo è paese. Infatti capita spesso che questi studi siano anche altrove vittime di tremende amnesie nei momenti cruciali, in quelli in cui per esempio c’è bisogno, come scritto nel titolo di questo post, di tirare acqua al proprio mulino.

Ecco qua. Munich Re è un colosso delle assicurazioni. Un anno fa, appena un mese prima del vertice di Copenhagen, fa uscire un comunicato stampa nel quale i suoi esperti analisti si dicono convinti che l’aumento dei costi derivati dagli eventi estremi sia necessariamente da attribuire ad un aumento della violenza e della frequenza degli stessi e che questo possa avere una sola causa, i cambiamenti climatici. Naturalmente di origine antropica. Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Di lì a poche settimane ci sarebbe stata una enorme torta economica da spartire.

Si presume che un’affermazione del genere sia sostenuta da solide basi scientifiche. Ecco qua. La rivista Climatic Change si prepara a fare uscire un articolo, che segue ad un precedente lavoro, in cui si legge:

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[A scala globale] non è distinguibile alcun trend significativo. Analogamente, non abbiamo riscontrato trend se si restringe l’analisi ai disastri non di origine geofisica nei paesi in via di sviluppo…

Gli eventi convettivi, come flash flood, tempeste di grandine, tornado e fulminazioni, meritano maggiore attenzione dal momento che probabilmente saranno particolarmente condizionate dal futuro riscaldamento globale (Trapp et al. 2007, 2009; Botzen et al. 2009) e c’è qualche evidenza che i passati cambiamenti climatici abbiano già avuto impatto sull’attività temporalesca intensa in alcune regioni (Dessens 1995; Kunz et al. 2009). La figura 7a mostra che non c’è alcun trend significativo nelle perdite assicurative per questo genere di rischio. Analogamente, non c’è alcun trend significativo nelle perdite assicurative per le tempeste (Figura 7b), per i cicloni tropicali (Figura 7c) o per gli eventi connessi con le precipitazioni (Figura 7d).
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E questo perché i dati, una volta normalizzati, ovvero una volta che li si è resi omogenei con l’aumento della ricchezza che è anche ovviamente un aumento delle potenziali perdite, difficilmente possono mentire. Ma leggiamo ancora:

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Il cambiamento climatico non è né dovrebbe essere la maggiore preoccupazione per l’industria delle assicurazioni. L’accumulo di benessere nelle aree soggette a disastri è e sarà la causa più importante per i futuri danneggiamenti dovuti ai disastri.
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Cioè, è ovvio che più cose ci sono da sfasciare, più se ne sfasceranno, specialmente se si sottraggono metri quadri agli alvei dei fiumi, alle piane alluvionali, alle forre, alle fiumare etc. etc.. Una solida base scientifica per quel comunicato stampa, non c’è che dire. E pensare che i fondi per questa ricerca vengono proprio da Munich Re (qui per il pdf), che aveva fatto forse i conti senza l’oste.

Morale. Che gli eventi estremi possano aumentare è previsto, IPCC docet. Se sia accaduto o stia accadendo non si sa. Che possa in futuro accadere ancora meno. Che i costi debbano aumentare è previsto. Però non è accaduto, né sta accadendo, anzi, accade il contrario. Per cui o le due cose non sono collegate, oppure collegare i costi sociali dei danni degli eventi estremi al cambiamento climatico è tranquillizzante. I professionisti dell’opinione decidano quale strategia adottare.

NB: dal blog di Roger Pielke jr

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Published inAttualitàEconomiaNews

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