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E fu così che il tempo divenne il clima

Princeton researchers found for the first time that day-to-day weather conditions have become more erratic in the past generation. Days have increasingly fluctuated between sunny and dry, and cloudy and rainy with little in-between, which can have negative consequences for ecosystems, plants, solar-energy production and other factors that depend upon consistent weather. Green areas on this map indicate an increase in day-to-day solar radiation (sunshine) variability between 1984 and 2007; pink indicates a decrease. The portion over the Indian Ocean is voided due to a lack of consistent data. (Credit: Image courtesy of David Medvigy)

Clima ad alta frequenza, questa è la definizione con cui gli autori di un nuovo studio pubblicato sul Journal of Climate descrivono la variabilità meteorologica giornaliera.

Si passa più rapidamente dal solleone ai nubifragi? Il cielo è più sereno di sereno o più nuvoloso di nuvoloso? In poche parole, il tempo è più pazzo che mai in una sorta di marzo ripetuto per dodici mesi l’anno?

Da qualche parte nel mondo sembra di sì. In valore assoluto sul 35% della superficie del Pianeta, più precisamente nella fascia intertropicale africana e oceanica.

La fonte delle informazioi sono i dati raccolti dal Satellite Cloud Climatology Project e dal Global Precipitation Climatology Project, per un periodo di osservazioni che va dal 1984 al 2007 per le nuvolosità e dal 1997 al 2007 per le precipitazioni.

Però sembra che questa trasposizione nel quotidiano dei cambiamenti climatici – da notare il fatto che gli autori ammoniscono che questa incrementata variabilità potrebbe avere un decisivo impatto sulla generazione di energia e sulla capacità della vegetazione di assorbire CO2 – per essere una risposta locale ad un forcing globale abbia una caratteristica spaziale piuttosto eterogenea (qui, su Science Daily l’approfondimento ed il comunicato stampa).

All’aumento della convezione profonda in Africa centrale infatti, corrisponde un segnale analogo ma solo stagionale in America Latina, cui si sostituisce invece un segnale opposto, sempre in America latina su base annuale. Non sarà che i dati sulla nuvolosità, che presentano a detta degli autori un rumore troppo elevato fuori dalle latitudini tropicali per essere interpretati, e quelli sulle precipitazioni, che sono riferiti ad una sola decade, rappresentano solo una intrinseca variabilità misurata per la prima volta? Come si può assegnare un significato climatico ad un trend meteorologico con dieci anni di dati?

E come si fa ad immaginare un impatto sulla produzione di energia, se non si conosce quale postesse essere l’ampiezza di questa variabilità quando la fonte energetica solare non era impiegata? E la CO2? E’ di alcuni mesi fa uno studio che attribuisce alla biosfera una capacità di assorbimento della CO2 più elevata di quella che si pensava potesse essere. Ora si immagina, prevede, pronostica, che un accrescimento della variabilità meteorologica potrebbe tornare a ridurre questa efficienza.

Vedremo, viviamo tempi interessanti, soprattutto tempi di summit climatici imminenti.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

2 Comments

  1. Maurizio Zuccherini

    Scusate, ma volevo segnalare un articolo per sollecitare il vostro commento, ma non so dove farlo. Si tratta dell’articolo di oggi sul Corriere, “New York, tra 10 anni potrebbe essere
    sommersa da una «tempesta perfetta»” E’ in qualche modo correlato con l’articolo sopra. Mi sembra un’altra stupidaggine, buona solo a fare terrorismo psicologico. Che ne pensa?

    Reply
    Beh, non ho nessuna intenzione di sciropparmi 600 pagine di cattivi presagi, perché tante sono le pagine di questa elefantiaca profezia. Mi bastano le poche righe che il Corriere ha copiato dal Guardian (eh già, la puttanata non è nemmeno di loro proprietà http://www.guardian.co.uk/environment/2011/nov/16/climate-change-report-new-york-city), dove si legge che non solo il rateo di innalzamento dei mari prospettato è 10 volte quello del peggior scenario modellistico mai prospettato (che tra l’altro è già molto lontano dalla realtà), ma che questo sarebbe dovuto allo scioglimento del ghiaccio marino artico. Ora, provate un esperimento: uno spritz con molto ghiaccio; aspettate che il ghiaccio si sciolga e ditemi se il livello dello spritz è salito. Poi chiamate Archimede (quello della spinta) e ditegli se è disposto a dare un paio di ripetizioni ai sapientoni. Ma, come tutte le commedie la parte migliore è il lieto fine: tranquilli, dice l’esperto, almeno sappiamo che la città [che è sulla costa] resterà ricca d’acqua, un tesoro da capitalizzare. Sono degli autentici geni.
    gg

    • Guido Botteri

      Maurizio, guarda il secondo grafico di questa pagina:
      http://wattsupwiththat.com/reference-pages/sea-ice-page/
      ti faccio notare che, anche se pubblicate su WUWT, si tratta di dati NSIDC, e cioè NON di fonte “scettica”.
      Potrai notare come ogni anno si sciolga, e si riformi, una estensione di ghiacci marini, nell’Artico, non molto più piccola dell’intera Europa. Nell’emisfero sud si scioglie e si riforma un continente di ghiaccio pari a circa una volta e mezzo l’Europa.
      Quindi il livello del mare a New York dovrebbe salire e scendere in modo pazzesco….e non solo a New York.
      Ma di queste innondazioni dovute allo scioglimento di questi continenti di ghiaccio, NON c’è traccia, con buona pace di chi ha detto che se i ghiacci dell’Artico si sciogliessero, Venezia sarebbe sommersa da 12 metri di acqua….e ci ha fatto anche una simulazione a computer:
      http://www.youtube.com/watch?v=6RbDdj62ciY
      faccio notare che Grillo aveva davanti a sé le immagini del ghiaccio artico che si scioglie e si riforma (lui stesso lo fa notare) e non si è domandato come mai non ci siano stati innondazioni e ritiri del mare a New York, Venezia e via dicendo, a seguito di queste variazioni annuali del ghiaccio. Ma forse non si può chiedere tanto ad un comico.
      Sutor, ne ultra crepidam… comice, ne ultra facete dictum !
      Secondo me.

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