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La nascita dell’ossigeno e la relazione T-CO2

[…] Noi, la nostra organizzazione e le nostre speranze e paure sono solo un granello di sabbia nel grande deserto della storia geologica del nostro pianeta.

Qui uso le notazioni Ma [Ba] per milioni [miliardi] di anni fa (Myr [Byr] BP)Myr [Byr] per milioni [miliardi] di anni e le corrispondenti Ka e Kyr riferite alle migliaia di anni. A volte alterno l’indicazione δ18O o δ13C con le più semplici d18O e d13C.

Nel post descrivo quattro serie di rapporti isotopici, pubblicate da Prokoph et al.,2008, che coprono tutto l’eone Fanerozoico (540-0 Ma) e le confronto, per Ossigeno e Carbonio, con due serie degli stessi autori che si estendono su praticamente tutta la storia della Terra, da 3.5 miliardi di anni fa ad oggi. Quest’ultimo aspetto esulava dall’argomento descritto nel titolo inizialmente, ma non mi era mai successo di disporre di serie tanto lunghe da permettere, a mio parere, l’osservazione della nascita dell’Ossigeno, rispetto al più antico Carbonio, che voglio condividere con i lettori.
Nella parte finale tenterò nuovamente (vedere su CM: “Prima l’uovo o la gallina? 2.a parte: Una visione un po’ diversa“,  per un precedente) di rappresentare la relazione tra temperatura e anidride carbonica su un periodo di oltre 400 milioni anni, utilizzando le serie di temperatura (inverso di d18O) e di CO2, digitalizzate da un lavoro di Davis, 2017.

In mezzo alla relazione caotica già evidenziata ad esempio qui, fig.5, dividendo l’intervallo temporale in 4 sezioni di circa 100 milioni di anni ognuna, si osservano andamenti medi lineari, non troppo netti per la verità, con pendenze opposte e varie, ancora a complicare una relazione che in questi tempi di certezze climatiche appare del tutto sicura e indiscutibile.

I quattro rapporti isotopici su 540 Myr

Prokoph e collaboratori pubblicano il grafico di quattro rapporti isotopici di cui due, Ossigeno e Carbonio, sono indicati come “low-latitude”, cioè isotopi derivati da “acqua superficiale tra le paleo latitudini 32°N e 32°S” e uno, lo Stronzio (Sr), viene fornito come rapporto diretto, non in percentuale (per mille). Da quel grafico ho estratto i valori mostrati in figura 1 insieme ai loro spettri Lomb.

Fig.1: Serie dei quattro rapporti isotopici digitalizzate dalla figura 16 di Prokoph et al., 2008. La versione pdf del grafico permette una lettura più agevole. Nel sito di supporto sono disponibili i singoli grafici.

Una sommaria descrizione delle serie isotopiche, ricordando la schematica divisione dei Periodi geologici fino al Cambriano e delle Epoche del periodo Terziario (dove una minuscola fettina nella parte iniziale del Pleistocene corrisponde all’Olocene nel quale viviamo):

  • δ18O: presenta un aumento mediamente costante (cioè una diminuzione della temperatura media) su tutti i 500 milioni di anni della serie, inframezzato da improvvise (su tempi geologici) diminuzioni, come quella avvenuta 250-240 Ma, davvero improvvisa e, come periodo, corrispondente alla transizione Permiano-Triassico con forte diminuzione della CO2 atmosferica (Royer, 2014, fig.4) ma anche a (forti) variazioni nelle serie di Zolfo e Stronzio, o quella con minimo a circa 480 Ma, corrispondente alla parte iniziale di una forte diminuzione del d13C, e crescite come quella a circa 105 Ma che ha soltanto una corrispondenza in un picco del d13C.
  • δ13C: mostra un’improvvisa diminuzione, attorno a 250 Ma, che interrompe un aumento mediamente lineare presente dall’inizio della serie, ~540 Ma. La diminuzione dura circa 20 Myr durante i quali i valori passano da ~5.9 a ~0.5 permille (pendenza media 0.25 permille/Myr).
    Dopo il “salto” si osserva, tra varie oscillazioni, un periodo di circa 100 Myr di relativa costanza del rapportio isotopico del Carbonio per poi assistere ad un nuovo balzo verso l’alto che, in poco più di 20 Myr, porta il rapporto da zero a 4.4 permille (pendenza media 0.42 permille/Myr). Da ~110 Ma ad oggi si ha ancora un pianerottolo caratterizzato di due oscillazioni, in salita la più antica (~55 Ma) e in notevole diminuzione la più recente, con minimo a circa 22-23 milioni di anni fa.
  • δ34S: la serie è caratterizzata da due regimi e cioè una continua diminuzione media fino a 280 Ma e un periodo quasi costante o in leggero aumento da questa data fino ad oggi, con un picco corrispondente alla transizione Permiano-Triassico (250-240 Ma). Un salto, non troppo alto ma netto, tra 45 e 40 Ma, ha condotto a quello che sembra essere il valore quasi costante attuale. Una forte diminuzione, culminata a circa 400 Ma, trova conferma solo in una fluttuazione del d13C ma non nelle altre serie.
  • 87Sr/86Sr: dei quattro isotopi naturali dello Stronzio (da numero atomico Z 84 a 88) solo quello con numero atomico 87 è radiogenico, cioè proviene dal decadimento β del 87Rb. Il rapporto isotopico viene calcolato tra Z=87 e Z=86 e fornisce un sistema per calcolare l’età e come identificativo della sorgente (roccia che mantiene il contenuto del bacino in cui si è formata). Valori del rapporto attorno a 0.709 sono riferiti alla crosta terrestre mentre quelli vicini a 0.700-0.702 derivano dal mantello. Il rapporto 87Sr/86Sr di una roccia è legato alla sua composizione chimica (contenuto in Rb) e alla sua età: come esempi possiamo considerare che valori alti si riferiscono a rocce granitiche mentre valori bassi a rocce basaltiche. La transizione Permiano-Triassico (250-240 Ma) corrisponde ad un minimo profondo all’inizio dell’ultima oscillazione, caratterizzata da un doppio massimo e temporalmente più estesa delle altre. Le misure del rapporto 87Sr/86Sr, relative all’acqua di mare sono state ricostruite e sono molto simili a quelle riportate in figura 1.

Il grafico diminuisce, tra ampie oscillazioni di durata ~30 Myr ognuna, dall’inizio della serie (540 Ma) fino a 150-160 Ma per poi iniziare prima una lenta salita, fino a 40 Ma, seguita da una ripida crescita fino ad oggi.

Gli spettri di Prokoph e collaboratori appaiono approssimati nei valori e di difficile lettura nei grafici: infatti

  • per d18O quotano un massimo di periodo 38 Myr (e indicano 30-45 Myr) quando i massimi spettrali si osservano a 30, 40, 49.2 Ma; forniscono un massimo a 120 Myr quando i massimi sono due, a 100 e 135 Myr.
  • Lo spettro del Carbonio non viene in pratica considerato e gli si attribuisce alta variabilità e bassa potenza: il mio spettro, al contrario, mostra precisi massimi a 49, 80, 123, 181 e uno più ampio a 387 Ma, in realtà non molto potenti quelli di periodo più breve, ma ben visibili.
  • Per Zolfo e Stronzio fornicono un massimo a 60-70 Myr quando lo Zolfo mostra un picco a 68 e lo Stronzio a 59.3 Myr; per entrambi, poi, trascurano massimi altrettanto (o più) significativi a 155 e 240 Myr (Zolfo) e a 101, 160 e 248 Myr (Stronzio).

Un compendio dei massimi spettrali è in tabella 1, suddivisi per classi di periodo.

Estensione a 3.5 miliardi di anni fa

Compatibilmente con gli scopi del loro lavoro, rivolto alla “storia della Terra”, Prokoph et al. (2008) pubblicano il grafico delle serie d18O e d13C tra 0 e 3.5 miliardi di anni fa. Dalla loro digitalizzazione ho derivato i valori di figura 2 e calcolato gli spettri di entrambe le serie.

Fig.2: Serie di d18O e d13C (pdf) digitalizzate, entrambe agli stessi valori dell’ascissa, dalla figura 21 di Prokoph 2008. La linea rossa è il fit lineare rispetto al quale è stato calcolata la serie detrended richiesta dal calcolo dello spettro Lomb. In basso gli spettri corrispondenti.

 

  • Osservando la serie isotopica dell’Ossigeno si nota una sua costante crescita da inizio serie fino a circa 1 Ba, quando si instaura un pianerottolo in leggera discesa che converge verso un profondo minimo, circa 600 milioni di anni fa. Da questo minimo parte (l’Eone Fanerozoico e) una ripida salita per 200 Myr, salita che poi si addolcisce fino ad oggi, pur restando di pendenza elevata.
    Ricordo che l’inverso di d18O è un dato di prossimità per la temperatura e che, quindi, il grafico descrive una sua continua diminuzione come ci si attende dall’evoluzione del pianeta da quasi la sua nascita.
    Nelle epoche più vicine a noi, a partire da 1 Ba, si nota l’insorgere di numerose oscillazioni di alta frequenza che cambiano radicalmente l’aspetto della serie dell’Ossigeno: le oscillazioni sono frequenti e di piccola ampiezza mentre nelle epoche precedenti si vedono meno cambiamenti ma di maggiore ampiezza. Le mie quasi nulle conoscenze di geologia e di biologia evolutiva non i permettono affermazioni ma sicuramente, a cavallo di 1 Ba, qualcosa è profondamente cambiato nella temperatura e nel clima della Terra.
  • Il rapporto isotopico del Carbonio si presenta in modo diverso: da 3.4 a 0.5 Ba resta essenzialmente costante (in salita leggera dopo 1.5 Ba) ma interrotto a circa 2.1 Ba da una poderosa crescita (con larghezza a metà altezza pari a quasi 200 milioni di anni) che, su tempi scala geologici, si configura come un improvviso “lampo di luce” che non si è più ripetuto.
    Un’analogia con la serie dell’Ossigeno si osserva in una diminuzione, con minimo a ~550 Ma (sempre all’inizio del Fanerozoico), che poi risale velocemente per circa 250 milioni di anni, seguita da almeno un paio di importanti fluttuazioni attorno ad un valore medio costante.

Gli spettri delle due serie appaiono simili nella struttura fino a periodi di circa 1 miliardo di anni e poi si differenziano: l’Ossigeno ha un massimo a 1.7 Byr ma non mostra nulla al di là di questo valore, mentre nel Carbonio è presente un ampio e potente massimo spettrale il cui picco si estende tra 2.3 e 2.7 Byr. Tale caratteristica mi ha fatto pensare all’esistenza dell’Ossigeno solo 0.6-1 Byr dopo il Carbonio e quindi ad una sua “firma” di abbondanza tale da lasciare un segno importante nello spettro, forse qualcosa di simile ad una maggiore diffusione dopo la grande ossidazione che provocò l’estinzione di massa dei cianobatteri.

Relazione Temperatura-CO2

In un commento ad un post precedente, Gianni mostra come la relazione di Arrhenius sia più complicata di come l’avevo scritta e usata io, e conclude: “Mi sembra evidente che ci può essere una sola direzione della relazione tra T e CO2. Quando questa relazione salta dev’esserci l’intervento di un fattore esterno (dallo spazio o dal sottosuolo)”. Per questo non parlerò qui della relazione di Arrhenius ma solo della relazione tra T e CO2, come fanno molti in letteratura (v. ad esempio Davis, 2017).
Ho pensato anche di verificare la frase finale di Gianni, che ringrazio per lo stimolo, e per questo ho digitalizzato le serie di δ18O e CO2 che Davis (2017) pubblica nella sua figura 5 e che coprono quasi tutto il Fanerozoico (425-0 Ma). Le serie sono costruite tramite i loro dati di prossimità (proxy): per la temperatura si usa il d18O (permille) su tre fasce di latitudine, senza conversione in gradi centigradi, mentre per la CO2 (fornita in ppvm) si usano 6 sorgenti; soprattutto d13C, paleosuoli, plancton, marcanzia [il termine inglese è liverworts, con due significati italiani: uno è marcanzia (Marchantia Polimorpha) e l’altro epatica, erba trinità, fegatella (Anemone epatico)]. Entrambe le serie sono organizate in bin di 2.5 Myr.

Fig.3: Serie di temperatura (inverso di d18O) e CO2 (pdf), digitalizzate, entrambe agli stessi valori dell’ascissa, dalla figura 5 di Davis 2017. La linea rossa è il fit lineare rispetto al quale è stato calcolata la serie detrended richiesta dal calcolo dello spettro Lomb.In basso gli spettri.

Da queste due serie ho calcolato la relazione ΔT=αln(CO2/CO2o) su 425 Myr suddivisi in quattro intervalli temporali di 100 Myr (il più antico di 125 Myr). Il risultato è nella figura successiva dove si osserva una relazione lineare con pendenza negativa tra 423 e 300 Ma e tra 200 e 100 Ma (T diminuisce mentre CO2 cresce), con pendenza positiva tra 300 e 200 Ma (T cresce al crescere di CO2) e con pendenza nulla tra 100 e 0 Ma (T costante al crescere di CO2).

Fig.4: Relazione tra temperatura e ln(CO2/CO2o), con CO2o=177 ppmv. La relazione è stata calcolata per i quattro periodi da ~100 Myr indicati nella legenda. Il link riporta i parametri numerici dei fit lineari. La temperatura deriva da d18O, seguendo le trasformazioni di Westerhold et al., 2020, table S7.

La suddivisione dell’Eone Fanerozoico come in figura 4 è arbitraria per cui in figura 5 ho ripetuto il calcolo sugli 8 periodi geologici dell’eone, con risultati più caotici che però ancora mostrano pendenze variamente distribuite nel tempo.
L’impressione che ne ricavo è che al cambiare della concentrazione di CO2 la temperatura cambi in modo vario attraverso le epoche, a volte in fase, altre volte in opposizione di fase; altre volte ancora la temperatura non cambia con la concentrazione di CO2.

Fig.5: La relazione di figura 4, sviluppata per gli 8 periodi geologici del Fanerozoico e separata per periodo con colori diversi. I rombi sono i singoli valori mentre le linee sono i fit lineari dei singoli periodi del Fanerozoico. Viene riportato anche il fit dell’intero dataset (in celeste) i cui dati sono tutti i rombi presenti. Qui i parametri numerici dei fit. In ordinata ho usato l’inverso del d18O, cioè i valori originali di Davis (2107) figura 5.

Entrambe le suddivisioni (figure 4 e 5) producono per le singole sezioni coefficienti di correlazione di Pearson tra T e ln(CO2) bassi e di segno opposto, come si vede nella tabella successiva

Nome Estensione
(Ma)
Coef.
corr.
N
425-300 -0.599 26
300-200 0.200 39
200-100 -0.341 39
100-0 -1.811 45
Fanerozoico 445-0 0.113 149
Siluriano 445-400 0.363 26
Devoniano 400-380 -0.186 39
Carbonifero 360-290 0.163 17
Permiano 290-250 -0.008 11
Triassico 250-200 -0.373 23
Giurassico 200-140 0.379 21
Cretaceo 140-65 -0.026 35
Terziario 65-0 -0.135 28

I coefficienti di correlazione sono compatibili (le suddivisioni sono diverse) con i valori pubblicati da Davis (2017, tabelle 1 e 2) che scrive: “For the most highly-resolved Phanerozoic data (Table 1), 12/15 (80.0%) Pearson correlation coefficients computed between atmospheric CO2 concentration proxies and T proxies are non-discernible (p > 0.05). Of the three discernible correlation coefficients, all are negative, i.e., T and atmospheric CO2 concentration are inversely related across the corresponding time periods. “
La stessa cosa succede per i dati più vecchi, meno risolti: il 70% dei coefficenti di correlazione non sono distinguibili (da zero) e del restante 30%, 6 valori, due sono negativi.

In assenza di correlazione identificabile tra CO2 e T sulla maggior parte del Fanerozoico, Davis cerca una relazione più forte: quella tra forcing radiativo e CO2 che chiama RFCO2 e costruisce la sua variazione ΔRFCO2. Ci si attende che la correlazione tra questa grandezza e T per il Fanerozoico sia positiva e statisticamente distinguibile da zero, ma, pur essendo così, Davis conclude “… therefore, the correlation coefficient can be considered negligible and the maximum effect of ΔRFCO2 on T is for practical purposes insignificant (<95%)”.


Per i grafici delle figure 4 e 5 mi sono posto il problema di verificare se l’uso di d18O o della trasformazione in temperatura tramite le formule di Hansen (2013) potessero cambiare l’aspetto delle relazioni. La forma non cambia e i grafici con le trasformazioni sono disponibili nel sito di supporto (iniziano tutti con il nome “SVANTE”). L’uso, sull’asse delle ascisse, del ln (CO2/CO2o) può risultare di difficile lettura immediata. Ho verificato che usare il logaritmo decimale della CO2 (in ppmv, senza rapporto) non cambia l’aspetto ed è di immediata lettura: anche questa prova si trova nel sito di supporto.


Commenti conclusivi

  • I quattro rapporti isotopici costituiscono una base estesa di dati su cui si potrà ragionare in modo meno legato alla “quotidianità” degli eventi; infatti queste serie permettono di identificare vari punti di passaggio nella storia geologica della Terra, anche con importanti variazioni che avrebbero potuto essere viste come punti di non ritorno ma si sono rilevati per quello che sono: situazioni critiche certamente, che però non hanno intaccato la storia del pianeta, proseguita come sempre. Forse ci aiutano a capire che noi, la nostra organizzazione e le nostre speranze e paure sono solo un granello di sabbia nel grande deserto della storia geologica del nostro pianeta.
  • Il quasi fuori tema che lancia uno sguardo su quasi tutta la storia della Terra, fino a 3.5 miiardi di anni fa, ci mostra che la temperatura del pianeta è stata una continua diminuzione (perdita dell’energia originaria), con potenti variazioni, come quella all’inizio del Fanerozoico, che hanno lasciato un segno profondo anche nel rapporto isotopico del carbonio, a sua volta caratterizzato da una “esplosione” attorno a 2.1 miliardi di anni fa.
  • Per quanto riguarda la relazione CO2-T (e ΔRFCO2-T con Davis) credo di poter concludere che questa relazione non è netta nè univoca per tutto l’arco del Fanerozoico (~540 Myr) e che quanto anche io ho osservato su circa 160 anni è del tutto non significativo e tutt’altro che universale.

Bibliografia

  • W.J. Davis: The Relationship between Atmospheric Carbon Dioxide Concentration and Global Temperature for the Last 425 Million Years Climate5(4), 76, 2017. https://doi.org/10.3390/cli5040076
  • Hansen J, Sato M, Russell G, Kharecha P. Climate sensitivity, sea level and atmospheric carbon dioxide.Phil Trans R Soc A371:20120294, 2013. https://doi.org/10.1098/rsta.2012.0294
  • Hana Jurikova, Marcus Gutjahr, Klaus Wallmann, Sascha Flögel, Volker Liebetrau, Renato Posenato, Lucia Angiolini, Claudio Garbelli, Uwe Brand, Michael Wiedenbeck and Anton Eisenhauer: Permian–Triassic mass extinction pulses driven by major marine carbon cycle perturbations Nature Geosciences13, 745-750 , 2020. https://doi.org/10.1038/s41561-020-00646-4 S.I.
  • A. Prokoph, G.A. Shields, J. Veizer: Compilation and time-series analysis of a marine carbonate δ18O, δ13C, 87Sr/86Sr and δ34S database through Earth historyEarth-Science Reviews 87, 113-133, 2008. https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2007.12.003
  • Royer, D.L. Atmospheric CO2 and O2 during the Phanerozoic: Tools, patterns and impacts. In Treatise on Geochemistry, 2nd ed.; Holland, H., Turekian, K., Eds.; Elselvier: Amsterdam, The Netherlands, 2014; pp. 251–267. Also available on the net at: Carleton University
  • Thomas Westerhold, Norbert Marwan, Anna Joy Drury, Diederik Liebrand, Claudia Agnini,Eleni Anagnostou, James S. K. Barnet, Steven M. Bohaty, David De Vleeschouwer, Fabio Florind, Thomas Frederichs, David A. Hodell, Ann E. Holbourn, Dick Kroon, Vittoria Lauretano, Kate Littler, Lucas J. Lourens, Mitchell Lyle, Heiko Pälike, Ursula Röhl, Jun Tian, Roy H. Wilkens, Paul A. Wilson, James C. Zachos: An astronomically dated record of Earth’s climate and its predictability over the last 66 million years Science369, 1383-1387, 2020. https://doi.org/10.1126/science.aba6853S.M..

 

 

Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto

 

 

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Published inAmbienteAttualitàClimatologia

Un commento

  1. rocco

    alla fine, sono arrivato alla conclusione, la questione climatica è una questione di moda.
    oggi è questo l’argomento e di questo si parla, ma non è un problema impellente sapere se la temperatura aumenterà o diminuirà.
    La questione climatica assume forma politica e quando si assume questa forma non esiste più la scienza.
    E’ una questione di narrazione:
    c’è chi emotivamente pensa che più caldo faccia male,
    c’è chi pensa che più caldo faccia bene.
    Ma è sempre una questione soggettiva: a me più caldo fa più bene! (abito a 900 metri sul livello del mare).
    In conclusione, la questione climatica è una falsa questione: il clima è sempre cambiato!!!
    Non esiste un clima stabile e non esiste un modo per far ritornare il clima ad un ipotetico istante preindustriale.
    Quindi, cosa vi è sotto?
    Una questione politica e null’altro.

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