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Mese: Aprile 2012

Earth Day e concertone sotto il Vesuvio: fuori tempo massimo

Domani sera sarà la volta di Napoli. Scatta il concertone per celebrare l’Earth Day. Organizzazione degna del miglior 1° maggio – che si ripeterà ovviamente a breve – con annessi e connessi di autorità isituzionali, showmen (nella fattispecie women) eco-consapevoli e tanta, tanta voglia di far festa.

Il tutto, naturalmente e rigorosamente a ‘impatto zero’. Per compensare le emissioni si compreranno crediti di carbonio (attualmente la merce eco-consapevole più a buon mercato che c’è, visto che i titoli in borsa sono finiti in basso fuori dal grafico). Ma la creatività dei salva-Pianeta non ha limiti: il concerto sarà anche chilometro zero, perché grazie allo streaming si potrà vederlo da casa (messa così fa un po’ ridere, non sarebbe stato meglio che suonassero anche da casa?).

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Unisci i puntini

Importa a qualcuno cosa dice la scienza? E’ questo l’interrogativo che si pone Roger Pielke jr in uno dei suoi ultimi post. A ispirarne la scrittura, un articolo uscito recentemente sul New York Times.

Argomento, l’ennesimo sondaggio d’opinione sul global warming. Ma con quesiti nuovi, essenzialmente volti a ‘saggiare’ la convinzione del pubblico sul collegamento tra l’occorrenza di eventi estremi e le recenti dinamiche del clima. E così, malgrado il consenso del pubblico stia calando – una consapevolezza per ovvie e giustificabili ragioni per lo più disinformata – sale quello dello stesso pubblico circa il fatto che il tempo stia diventando sempre più pazzo perché è impazzito il clima. Lo definiscono “erratic”, la cui traduzione più idonea potrebbe essere “bizzarro”.

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Ma perché dovremmo starli a sentire?

Ci credereste? Siamo ancora una volta all’ultima spiaggia. Come la nazionale di calcio, si vince solo all’ultimo minuto dell’ultima partita utile a passare il turno. Prima di allora, nisba, malgrado i ripetuti allarmi.

Si tratta di Rio+20, il prossimo megasummit mondiale in materia ambientale e climatica. Così lo definisce Richard Steiner , biologo, certamente delegato all’adunata:

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“potrebbe essere la nostra ultima occaisone di affrontare seriamente la crisi ambientale globale prima che sia troppo tardi”.

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Stampa e divulgazione scientifica, non sempre ha torto la prima

Una nostra nota detrattrice tempo fa le chiamò notizie di seconda mano, io lo chiamo invece far circolare le informazioni che altrimenti sarebbero ignorate. Come questa, la cui fonte è per noi quasi abituale, il blog di Roger Pielke jr.

Come molti sanno, quando alla fine del 2007 si è posato il polverone alzato dalla pubblicazione dell’ultimo report IPCC, la blogosfera climatica si è messa al lavoro e ha scovato parecchie magagne. Impiego di letteratura grigia o di opinioni ideologiche, omissioni di pareri scientifici non allineati, esagerazioni, deroga alle procedure etc etc. Insomma, non proprio un lavoro da panel delle Nazioni Unite (o forse sì, dipende dai punti di vista). Un lavoro però talmente corposo che forse non si finirà mai di analizzarlo a fondo.

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Temperatura e CO2, il termostato c’è ma non lo controlliamo noi

Sulle nostre pagine, ma anche sulla maggior parte delle aree di discussione di materia climatica, si fa spesso riferimento alla complessità del sistema Pianeta, al suo essere unitario, in un continuum indistinguibile tra i suoi sottosistemi, di cui il clima di per se’ non è che una manifestazione parziale.

Un sistema che va osservato in tutti i suoi molteplici aspetti il cui studio non può che essere altamente multi-disciplinare. Non solo climatologia quindi, ma anche geologia, biologia e quant’altro possa venire in mente. Non è un caso, infatti, se alcuni dei contributi più interessanti anche per le nostre piccole discussioni, siano giunti ad esempio proprio da chi si occupa di geologia. Nella fattispecie, qualcuno potrà ricordare che spesso questi contributi si posizionano in chiave scettica circa le origini antropiche delle recenti dinamiche del clima. Non credo e non so se si possa dire altrettanto per la lettura che sto per consigliarvi, perché l’autore, affrontando il tema delle dinamiche di mantenimento dell’equilibrio del sistema a dispetto di molteplici eventi perturbanti, ci tiene a precisare che “non è alla scala della vita umana che si ristabiliscono gli equilibri perturbati”, e che “Pochi gradi centigradi in più o in meno signifi cano caldo umido o freddo secco su tutta la Terra, ma già dieci gradi in più o in meno possono signifi care lo scompenso degli equilibri che regolano la vita. Stiamo quindi attenti a non giocherellare con il termostato della Terra”.

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Sempre la stessa storia…

Premetto che ho dedicato alla ricerca sul web sull’argomento di questo post non più di dieci minuti. Se fossero stati di più probabilmente avrei trovato anche molto altro, ma direi che basta. Sì, basta perché non se ne può più. E’ decisamente ora di liberarci di questi ciarlatani, di questi spargitori di allarme, di questi venditori di fumo.

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Come ti aggiusto il clima

Sulle nostre pagine, così come sulla maggior parte dei siti web specializzati in discussioni sul clima, si fa sempre un gran parlare di temperature globali. Del resto lo spauracchio dei nostri tempi è il global warming, un fenomeno appunto globale. Il problema, come molti sanno, è che la temperatura è di per se un fattore misurabile solo in un dato luogo e in un dato momento. Perché si possa ampliare la scala spaziale di riferimento occorrono quindi molti di questi luoghi adibiti alla misurazione. Se poi si vuole conoscerne l’evoluzione nel tempo, occorre ripetere l’operazione a intervalli regolari per procedere poi a comporne la media.

Quanti di questi luoghi ci sono al mondo? Moltissimi. Quanti di questi sono effettivamente utilizzati e/o utilizzabili per monitorare l’andamento della temperatura? Molti meno. Dove sono questi sensori? Quasi tutti sulla terraferma, ovviamente e, altrettanto ovviamente, quasi tutti nelle zone ad alta densità urbana dei paesi più avanzati. Gli Stati Uniti e l’Europa fanno la parte del leone.

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Legnate dal Wall Street Journal e la rivolta dei veterani della NASA.

L’importanza di un media si misura con tre parametri, l’autorevolezza di chi ci lavora o collabora, la diffusione che ha e l’equilibrio delle notizie. Queste cose spesso vanno insieme. Quando questo non accade in genere prima o poi quel veicolo di informazione cessa di essere importante. Non pare sia questo il caso.

Il Wall Street Journal non è esattamente Topolino. Certo anche il fumetto in questione ha la sua tiratura, ma se si vuole sapere cosa succede nel mondo non è lì che bisogna andare a cercare, quanto piuttosto sul media in questione, avendo cura magari di leggerne anche molti altri.

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Tutta colpa di quei dannati vulcani!

La Piccola Età Glaciale (LIA), un periodo di significativo raffreddamento del Pianeta durato alcuni secoli a partire dalla fine del 1200 sarebbe stata innescata da un periodo di intensa attività vulcanica, con massiccia espulsione di solfati, schermatura dei raggi solari e conseguente diminuzione delle temperature. A seguire, ovviamente, aumento dell’estensione dei ghiacci, feedback positivi (cioè di ulteriore raffreddamento) dovuti all’albedo e alla circolazione oceanica e persistenza del freddo fino all’insorgere della rivoluzione industriale. Termine questo da ricordare, il perché ve lo dico alla fine del post.

Per cui, niente minimi di Maunder e Dalton nel numero delle macchie solari, niente riduzione dell’attività solare, niente forcing astronomico quindi a determinare il raffreddamento. Le cause sono state stocastiche, appunto, vulcaniche.

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Energia: La beffa della tariffa bioraria

Carte fedeltà dei carburanti, dei supermercati, campagne promozionali. Il boom delle offerte per risparmiare che in realtà sono solo incentivi al consumo, fattore ultimamente alquanto depresso. Personalmente devo ammettere di essere un disastro in questo campo.

Però con l’energia elettrica mi ci sono messo d’impegno. Si vuole e si deve cambiare l’attitudine al consumo ti dicono. Dobbiamo imparare a impiegare l’energia con consapevolezza, dobbiamo essere più efficienti e risparmiosi. Pronti. Lucchetti agli elettrodomestici di giorno, lampade a basso consumo (e alto mercurio), banditi i dispositivi di raffreddamento/riscaldamento elettrici.

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Come può impazzire un clima che è sempre stato pazzo?

Ecco qua, da Quaternary Science Reviews:

Combined dendro-documentary evidence of Central European hydroclimatic springtime extremes over the last millennium (pdf)

In breve. Analizzando 1000 anni di proxy dendrocronologici, gli autori hanno individuato un segnale di condizionamento della velocità di crescita degli alberi nella frequenza di condizioni meteo-climatiche estreme, segnale evidente soprattutto per i mesi di aprile, maggio e giugno. Tale segnale, ovvero la frequenza di occorrenza di eventi estremi come prolungate siccità o elevata piovosità, non sembra essere correlato ad uno stato medio del clima, dal momento che si riscontra elevata variabilità di questi eventi anche in periodi con caratteristiche climatiche fortemente differenti come il Periodo Caldo Medioevale e la Piccola Età Glaciale. Al riguardo la tabella inserita nell’articolo è decisamente eloquente. Una cronaca lunghissima di eventi estremi, con mondo caldo, freddo e così così.

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Pornografia climatica, sindrome da scetticismo e soluzione finale

Alcuni anni fa, come immagino sia accaduto a molti di voi, rimasi colpito dalla teoria della piramide di Maslow. Nella gerarchia delle necessità che contraddistingue la complessità del nostro essere, la soddisfazione dei bisogni primari deve necessariamente precedere la ricerca di realizzazione. Leggendo gi articoli di cui parleremo tra poco, ho dedotto che chi li ha scritti non si è accorto che il mondo è in crisi, non ha problemi di bisogni primari e continua imperterrito a perseguire la propria realizzazione, con un progetto a dir poco discutibile.

Solo chi vive completamente scollegato dalla realtà nonché ermeticamente chiuso nelle proprie convinzioni può elaborare un concetto come il seguente: il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici sono un pericolo per l’umanità, chi non ne è convinto deve necessariamente essere malato. La disfunzione, nella fattispecie, sarebbe quella di avere una percezione affettiva distorta, una sorta di incapacità di farsi una ragione del pericolo imminente.

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Ma i morti di Panama non ci hanno insegnato nulla?

La storia della costruzione del canale di Panama è segnata dalla strage di migliaia persone morte a causa della mancanza di sicurezza nei cantieri, ma soprattutto a causa delle malattie tropicali contratte durante i lavori.

Il progetto iniziale del 1875 fu dei francesi, ma fallirono nell’impresa sia Ferdinand de Lesseps, già costruttore del Canale di Suez, sia Gustave Eiffel. Uno tra i motivi più importanti del fallimento fu l’incapacità di controllare e limitare l’insorgenza delle malattie tropicali, soprattutto delle febbri trasmesse dagli insetti pungitori cioè: malaria, febbre emorragica, febbre gialla etc. Morirono 22.000 persone tra tecnici e operai per lo più provenienti dal caribe, una vera ecatombe.

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