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Il clima cambia sempre…e lo fa pure di corsa!

Quello degli shift climatici o cambiamenti di regime, oppure ancora, di rapide variazioni dell’assetto della circolazione atmosferica, è un argomento che abbiamo affrontato più volte (qui, per esempio, addirittura nel 2008) ed è quello che a mio parere andrebbe maggiormente approfondito per guardare alle dinamiche del clima attraverso una lente d’ingrandimento diversa dal solito paradigma +CO2=temperature più alte. Non fosse altro perché ci sono prove evidenti che questi cambiamenti di regime siano avvenuti e ce ne sono di altrettanto evidenti che l’equazione appena citata non funziona.

 

Sarà per queste difficoltà, sarà per un sempre maggiore interesse verso previsioni climatiche a ridotta scala spazio-temporale, ma l’interesse e quiandi anche la comprensione scientifica per questi eventi di brusco cambiamento stanno decisamente crescendo. Nelle serie storiche dei dati osservati più affidabili e recenti, di questi eventi se identificano due, uno dopo la metà degli anni ’70 e uno dopo il super El Nino del 1998, in entrambi i casi, con l’Oscillazione Decadale del Pacifico a giocare un ruolo determinante. Nel primo caso il clima del pianeta è infatti passato da una modalità “fredda” ad una “calda” e sono arrivati gli anni del riscaldamento globale. Nel secondo caso, ormai 15 anni fa, si è innescato il processo opposto, sebbene con modalità differenti e con differente contributo dei vari fattori in gioco. Diverso è stato infatti il comportamento dell’Oscillazione Multidecadale Atlantica, ancora in fase positiva e diverso è stato il contributo del Sole, entrato in una fase di quiescenza. Guarda caso, dopo questo secondo shift, la temperatura media superficiale del pianeta ha smesso di crescere.

 

 

La letteratura scientifica che si occupa della ricostruzione del clima del passato e delle proiezioni per il futuro attraverso i modelli climatici, ha sin qui fallito l’identificazione di questi eventi, optando piuttosto per un monotono trend di riscaldamento di lungo periodo di esclusiva origine antropica e fallendo quindi l’identificazione di regimi climatici di lunghezza anche significativa come ad esempio i primi anni di questo secolo.

 

Appena qualche giorno fa con la pubblicazione di un articolo sul Journal of Climate, un gruppo di ricercatori è riuscito a ricostruire queste dinamiche di cambiamento repentino forzando i modelli di simulazione con i venti osservati nell’area del Pacifico nei mesi precedenti i cambiamenti di regime, un risultato che apre significative prospettive per il futuro delle previsioni climatiche a breve e medio termine e che, una volta di più, contribuisce ad accrescere la consapevolezza dell’esistenza di variazioni di origine naturale di ampiezza significativa e prevalente rispetto al presunto forcing antropico sulle dinamiche del clima:
Hindcast of the 1976/77 and 1998/99 climate shifts in the Pacific

 

Abstract

The use of a coupled ocean/atmosphere/sea-ice model to hindcast (i.e. historical forecast) recent climate variability is described and illustrated for the cases of the 1976/77 and 1998/99 climate shift events in the Pacific. The initialization is achieved by running the coupled model in partially coupled mode whereby global observed wind stress anomalies are used to drive the ocean/sea-ice component of the coupled model while maintaining the thermodynamic coupling between the ocean/sea-ice and atmosphere components. Here we show that hindcast experiments can successfully capture many features associated with the 1976/77 and 1998/99 climate shifts. For instance, hindcast experiments started from the beginning of 1976 can capture sea surface temperature (SST) warming in the central-eastern equatorial Pacific and the positive phase of the Pacific Decadal Oscillation (PDO) throughout the 9 years following the 1976/77 climate shift, including the deepening of the Aleutian low pressure system. Hindcast experiments started from the beginning of 1998 can also capture part of the anomalous conditions during the 4 years after the 1998/99 climate. We argue that the dynamical adjustment of heat content anomalies that are present in the initial conditions in the tropics is important for the successful hindcast of the two climate shifts.

 

E, qui di seguito, le due immagini più significative con i grafici della ricostruzione (da qui):

 

hindcast_1976_77_de_cbbcf6c177 hindcast_1998_99_de_eb3295cef5

 

 

Interessanti anche alcune parti del commento a questo lavoro pubblicato su Science Daily:

 

[…] Questi shift hanno anche un effetto significativo sulla temperatura media della Terra. Lo shift più recente, negli anni ’90, è una delle ragioni per cui dal 1998 la temperatura della Terra non è ulteriormente cresciuta […]

[…] “L’oceano gioca un ruolo cruciale nel sistema climatico, specialmente quando giungono fluttuazioni dell’arco di parecchi anni o decadi”, spiega il prof. Prof. Mojib Latif, co-autore dello studio. “Le probabilità di prevedere correttamente queste variazioni sono molto più elevate di quelle delle previsioni del tempo per le prossime settimane, perché il clima è molto meno caotico delle condizioni del tempo che cambiano rapidamente”, ha detto Latif. Questo è dovuto ai lenti cambiamenti delle correnti oceaniche che influiscono sui parametri climatici come la temperatura dell’aria e le precipitazioni. Le fluttuazioni delle correnti portano ordine nel caos del tempo. […]

 

Beh, che ci sia o meno un trend di riscaldamento di lungo periodo di origine antropica che si somma ad uno ancora più lungo di uscita dalla Piccola Età Glaciale in aggiunta ad uno lunghissimo di recupero dall’ultima glaciazione (siamo pur sempre in un interglaciale), queste oscillazioni sono la chiave della comprensione del clima di domani e dopodomani, in barba ad un sistema dipinto con troppa fretta come CO2 dipendente.

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Published inAttualitàClimatologia

2 Comments

    • Meglio della minestrina…
      gg

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