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64 search results for "Nicola Scafetta"

L’uovo oceanico e la gallina stratosferica

Sarà perché sta per arrivare l’inverno boreale, sarà perché si fa sempre più pressante la richiesta di previsioni stagionali, sarà perché più si studia l’atmosfera e più diventano vasti gli orizzonti nella cui direzione guardare, ma è un fatto che negli ultimi tempi si stanno moltiplicando gli sforzi per individuare le relazioni attraverso cui il sistema terra, oceani, atmosfera realizza le sue dinamiche.

Ho scritto scientemente atmosfera e non troposfera, derogando, ma con diritto, alla regola numero uno che mi è stata inculcata quando ho iniziato a occuparmi di meteorologia: lo strato atmosferico che ci interessa è uno e uno solo, quello compreso tra la superficie e la tropopausa, la troposfera. Neanche a farlo apposta, poteva resistere una tale limitazione in un sistema che da’ segni ogni giorno di essere intimamente connesso in ogni sua parte? La risposta è scontata, decisamente no.

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In soccorso di molti, me compreso

Ieri abbiamo pubblicato il commento al nuovo lavoro di Nicola Scafetta. Un paper lungo e tecnico nel quale si propone una spiegazione fisica che trasformerebbe la correlazione tra i moti planetari e l’attività solare in una relazione causale. Sostanzialmente, essendo la causa ipotizzata molto piccola, è necessario un fattore di amplificazione. Scafetta lo identifica nella reazione nucleare interna al Sole che, attraverso la relazione tra massa e luminosità delle stelle con proprietà simili a quelle del Sole, modulerebbe appunto l’intensità della luminosità della nostra stella.

Ammetto platealmente di essere nel pantano più totale, come forse alcuni tra quelli che seguono le nostre pagine. Viene in nostro aiuto Tallbloke, con un post in cui si spiega sommariamente cosa si intende per stelle simili al Sole e per relazione tra massa e luminosità.

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Amplificatori nucleari

Alt! Fermate tutti i commenti che già vi frullano per la testa, non si parla di energia, per una volta non ho voglia di litigare. Si parla di clima, ovvero della relazione Sole-Clima.

Da qualche anno a questa parte il nostro esperto di riferimento è Nicola Scafetta. Abbiamo pubblicato dei commenti praticamente a tutti i suoi articoli sull’argomento, prendendoci anche il lusso di ospitare direttamente la sua firma sulle nostre pagine.

L’ultimo articolo di cui abbiamo parlato è quello in cui si ipotizza una relazione tra le maree planetarie, il Sole appunto e le dinamiche climatiche – in termini di temperatura – sul nostro Pianeta. Una delle critiche più accese che è stata mossa al lavoro di Scafetta, è stata quella dell’assenza di un meccanismo fisico che spiegasse questa relazione, dal momento che il forcing indotto dalle maree planetarie sulla nostra stella, sarebbe troppo piccolo per giustificare le oscillazioni della sua attività.

Qualche giorno fa Nicola Scafetta mi ha mandato una copia del suo più recente lavoro:

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Sole, clima e maree planetarie

Nicola Scafetta prosegue il suo lavoro di esplorazione delle dinamche con cui il Sole e i pianeti del Sistema Solare eserciterebbero la loro influenza sul clima della Terra. Alcuni giorni fa mi ha mandato una copia della sua ultima pubblicazione.

Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter–Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle

Di seguito l’abstract del paper, uscito come il precedente sul Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics.

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Un clima armonico, delle previsioni stonate

Negli ormai quasi cinque anni di attività di Climatemonitor, abbiamo pubblicato parecchi post sull’attività di ricerca di Nicola Scafetta. Alcuni a sua firma, altri, la maggior parte, in forma di commento delle sue pubblicazioni. Se desiderate dare un’occhiata è sufficiente mettere il suo nome nel campo ‘Search‘ in home page, la lista dei contributi è piuttosto corposa.

Il commento più recente riguarda naturalmente il suo ultimo lavoro:

Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models – Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics

(qui per il download del pdf)

Nel paper c’è una figura particolarmente interessante, quella cioè che mette in comparazione il suo modello di ricostruzione e previsione delle dinamiche delle temperature medie superficiali globali (basato su armoniche che ricostruiscono il forcing solare e planetario) con i modelli climatici impiegati dall’IPCC, allo scopo di confrontarne la performance rispetto al trend più recente delle osservazioni.

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Il Sole freddo: Perché non ci sarà il disastro climatico.

E’ questo il suggestivo titolo del libro di Fritz Vahrenholt, chimico, fino a ieri uomo di punta di RWE, colosso industriale delle fonti rinnovabili in Germania. Un passato e un presente di impegno nell’ambientalismo, sia come politico che come manager. Non è scettico Fritz Vahrenholt, anzi, è convinto che l’uomo abbia ci abbia messo del suo nelle dinamiche del clima. Ma non vuole più fidarsi dell’IPCC e, ovviamente, anche di tutto il movimento salva-pianeta da cui il Panel è stato a suo dire ideologicamente contaminato.

Il perché lo spiega lui, ed è semplice. Come esperto di rinnovabili ha partecipato al processo di revisione dell’ultimo Report del Panel ONU sulle risorse rinnovabili, trovando più di qualcosa che non andava. I suoi rilievi, racconta, sono stati semplicemente messi da parte. Questo gli ha fatto sorgere il dubbio che l’approccio potesse essere simile anche nel report per i cambiamenti climatici, e quindi ha fatto un po’ di ricerca.

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L’allarminsmo climatico del Museo Oceanografico di Monaco

Per le vacanze di fine anno sono andato con la famiglia in costa azzurra, un giorno siccome pioveva, siamo andati al Museo Oceanografico di Monaco. Vi devo segnalare la sala d’entrata con una serie di pannelli, uno più catastrofista dell’altro, su quattro allarmi principali:

  • Il primo sullo scioglimento dei ghiacciai; ovviamente non poteva mancare il rischio estinzione degli orsi polari che, per alcuni zoologi, senza ghiaccio artico non potrebbero più cacciare le foche dagli anelli, quindi morirebbero di fame. Tesi però smentita dalle popolazioni in crescita degli orsi polari siberiani che vivono benissimo anche senza ghiaccio.
  • Il secondo sull’acidificazione dei mari con un allarme particolare per il mediterraneo.
  • Il terzo sulla proliferazione di alghe e meduse dovuta all’eutrofizzazione e all’aumento delle temperature marine.
  • Il quarto tema invece non riguarda i cambiamenti climatici, ma l’over fishing cioè il rischio concreto che la pesca e l’inquinamento causino l’impoverimento, fino al rischio di estinzione, delle popolazioni di alcune specie ittiche molto pescate come il tonno, il pesce spada, gli squali, le aragoste ecc..
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Tibet e Global Warming, quando si dice l’isolamento

Oggi facciamo un esperimento, anticipiamo le critiche che da scettici impenitenti quali siamo, ci saranno rivolte in relazione a quanto sto per raccontarvi.

  • Il Tibet è climaticamente isolato.
  • I dati proxy provenienti dagli anelli di accrescimento degli alberi presentano grossi problemi di rappresentatività.
  •  La Cina ha tutto l’interesse a smontare l’ipotesi dell’AGW, per cui quanto viene da lì è da prendere con le pinze.
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Clima passato, presente e futuro: non tutti i proxy sono sulla Terra

Sono meno di un paio di secoli che si misura la temperatura e sono ancora meno recenti le misure diffuse, dati cioè che possano in qualche modo avere un significato d’insieme, non solamente riferito al luogo dove sono stati raccolti. Per saperne di più, cioè per avere un’idea di cosa sia accaduto in passato, aspetto imprescindibile se si vuole cercare di capire cosa ci aspetta in futuro, si deve ricorrere a dati di prossimità, ovvero proxy.

Un dato di prossimità per la temperatura è qualcosa di cui si conosce, o si pensa di conoscere, come esso possa cambiare in funzione delle oscillazioni della temperatura. Proprio come il mercurio in un cilindro di vetro. Anelli di accrescimento degli alberi, sedimentazioni marine e lacustri, stratificazioni geologiche, carotaggi nel ghiaccio, sono tutte fonti di dati di prossimità. Hanno un denominatore comune: sono tutti sulla Terra.

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Replica alla ‘replica’ di Stefano Caserini

Questa non è una polemica tra blog. Né uno scontro tra opposte fazioni. Per chi non lo sapesse, Stefano Caserini è l’anima di Climalteranti, un blog di divulgazione scientifica su posizioni mainstream. Nicola Scafetta, che firma questo post, lavora invece alla Duke University, ovviamente negli Stati Uniti. I due sono stati recentemente protagonisti di un dibattito ospitato dal Bollettino della Normale di Pisa. Un articolo e una replica ciascuno, con i contenuti delle repliche sconosciuti ai due interlocutori. Fin qui, tutto ok, fra poche righe avrete il link per leggere, se credete, i contenuti della ‘disfida’. Alcuni giorni fa è però uscito un articolo su Climalteranti.it scritto in prima persona ma non firmato da Caserini, in cui egli si dichiara vincitore in conseguenza del quale Ugo Bardi lo ha proclamato vincitore.

Certo Una ‘disfida’ si presume debba avere un vincitore. Che questo avvenga per autoproclamazione è però quanto meno singolare. Posto però che sull’argomento clima e sulle tematiche ad ampio spettro che i due hanno affrontato è veramente difficile che qualcuno abbia ‘ragione’ al 100%, altrimenti non staremmo qui a parlarne, direi sia più giusto che questa ‘proclamazione’ la faccia anche il pubblico, nella fattispecie i lettori. Magari ognuno per se, arricchendo semplicemente  il proprio bagaglio culturale, prendendo di qua e di là, senza spellarsi le mani, visto che pare ci sia già chi se le batte da solo.

E allora, con molto, moltissimo piacere, ospitiamo la replica di Nicola Scafetta a Stefano Caserini, perché almeno sul piano dello spazio avuto a disposizione ci sia un pareggio. Il punteggio, se credete, assegnatelo voi.

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