Salta al contenuto

Spesa ed emissioni: La deforestazione!

La lega antivivisezione LAV ha lanciato il “Cambia menu”. Dalla finestra ambiente cito le seguenti affermazioni:

La carne ci sta consumando! E noi ne siamo ignari! Non sappiamo quanto una sola bistecca possa davvero costare all’ambiente e al nostro corpo. E’ arrivato il momento di scoprirlo e di fare una scelta consapevole: diminuire il consumo di carne e cambiare il menù……4°C di aumento delle temperature previsti in questo secolo a causa degli allevamenti ……la zootecnica determina meno ossigeno per tutti, più fame nel mondo, risorse di acqua a secco, e buco dell’ ozono.”

Una bistecca costa al pianeta 17,5 mq di foresta… il 70% delle aree forestali disboscate sono state destinate al pascolo…. 80 milioni di bovini pascolano dove c’era la foresta

4°C di aumento previsti entro il secolo solo a causa della zootecnia è una proiezione che non ha nessun riscontro scientifico. Vi risparmio tutte le accuse, sul consumo di acqua che invece è utilizzo, sulla fame nel mondo che resta sempre fame, sui chili di cereali per fare chili di carne che sono i confronti ridicoli fatti a peso, sul buco dell’ozono da CFC vietati dal 1987, sulla deplezione di ossigeno che mai mancherà, perché ne abbiamo già parlato.

Analizzerò invece la deforestazione perché anche il WWF accusa la zootecnia di esserne la causa.

“Una delle maggiori cause di emissioni di gas serra è infatti la deforestazione: ogni anno si perde nel mondo un’area di foresta equivalente a mezza Inghilterra (oltre 120.000 km2) e la causa principale di questa perdita è proprio l’espansione del sistema produttivo alimentare, per la produzione di raccolti e l’allevamento di animali.”

La deforestazione ha molte cause, riconducibili ad una sola cioè il reddito, è legata allo sfruttamento dei legnami e non solo alla ricerca di nuovi pascoli o di nuovi terreni agricoli, quella è spesso una conseguenza non una causa. L’aumento della popolazione zootecnica è legata all’aumento demografico, ma anche al’aumento del benessere e del potere di acquisto nei paesi in via di sviluppo. La richiesta di terreni per per la zootecnia potrebbe essere una causa di deforestazione nel futuro, ma non adesso, quando ci si può permettere di destinare milioni di ettari di terreno agricolo a scopi non alimentari come coltivazioni energetiche, tessili, thè, caffè, cacao o alla produzione di alcolici.

Infatti il WWF dice:

“In Africa, più precisamente in Costa d’Avorio, la foresta tropicale è stata quasi totalmente abbattuta per fare spazio a delle monoculture, principalmente a delle piantagioni di cacao e caffè.”

Addirittura per decenni e fino al 2009 obbligavano gli agricoltori europei al set aside cioè ad un periodo di fermo produttivo del 5-15% dei campi agricoli per evitare la sovraproduzione dei cereali e il crollo dei prezzi, eppure in questi decenni la deforestazione è stata massiccia,ma non era certo dovuta ai fabbisogni di cereali.

La produzione dei terreni destinati alla bioenergia, viene a mancare sul mercato, ma i fabbisogni di cereali, foraggi o soia non cambiano. Quindi per colmare gli ammanchi o si procede alla deforestazione o all’aumento delle produzioni all’ettaro con la meccanizzazione e il doppio raccolto annuale.

Purtroppo queste colture, colza e piantagioni di palma da olio per il biodiesel, pioppelle da cippato per le centrali a biomassa su terreni agricoli dove prima si coltivava riso o mais, cereali come mais orzo e sorgo, per etanolo o biogas (più del 90% dei nuovi impianti di biogas sono ad integrazione cioè grano mischiato ai liquami), spesso determinano una nuova richiesta di terre, perché l’aumento produttivo unitario va a colmare le richieste dovute all’aumento demografico.

I contributi ai biocarburanti in UE furono fortemente voluti dal partito dei verdi tedeschi (sempre per salvare il pianeta), mentre in USA da Al Gore durante l’amministrazione Clinton, salvo pentirsene col senno di poi. Al Gore nel suo libro “La scelta” afferma che i contributi alle bioenergie sono sbagliati perchè hanno causato deforestazione.

Purtroppo il WWF accusa la produzione di carne di essere causa di deforestazione in amazzonia.

“Anche limitare il consumo della carne è un’azione immediata ed efficacie nella salvaguardia delle foreste tropicali: la deforestazione dell’Amazzonia è causata principalmente dal bisogno di far spazio al pascolo dei bovini e per produrre la soia. Quest’ultimo prodotto agricolo è importato in Svizzera per dar da mangiare ai nostri bovini: mangiare meno carne è quindi un ottima iniziativa a favore delle foreste tropicali.”

Sottolineo il fatto che quasi nessuno in Europa produce uova e latte senza soia, però le accuse stranamente sono sempre alla produzione di carne. Ma la produzione di carne in Italia (o in Svizzera) non è aumentata negli ultimi decenni anzi, quindi non può aver causato la richiesta di deforestazione per produrre più soia.

Sempre il WWF dice:

“Lo studio del WWF Brasile, dell’ Amazon Enviromental Research Institute (IPAM) e dell’Università di Minas Gerais (UFMG), supportato dal Woods Hole Research Centre del Massachusetts (USA), quantifica la quantità di carbonio stoccato in tutte le aree protette gestite dall’ARPA e la confronta con la deforestazione stimata di queste aree se non fossero nel programma. I risultati dimostrano che grazie all’ARPA vengono stoccati 4,6 miliardi di tonnellate di carbonio, che rappresentano un decimo del carbonio totale stoccato nella parte rimanente della foresta amazzonica brasiliana. Ciò equivale a 20 volte le emissioni annuali della Germania.”

Dal punto di vista del bilancio del carbonio, ridurre la zootecnia potrebbe diminuire la deforestazione, quindi ci sarebbe più carbonio stoccato nelle foreste, ma verrebbe meno il carbonio stoccato nella lunga filiera zootecnica cioè nelle colture agricole, negli animali zootecnici stessi e nei loro reflui. Il mais capta molto più di un bosco di pioppi in accrescimento, utilizzando un indice indiretto come il fabbisogno di azoto il mais ne richiede circa 3 volte più del pioppo coltivato che cresce più di un bosco naturale. Stornando gli enormi stock temporanei di carbonio contenuti nella filiera zootecnica, che si rinnovano annualmente, i bilanci del carbonio sono molto diversi rispetto ai dati di stima citati dal WWF. Paradossale la regola UE che permette i contributi per energia rinnovabile solo se la biomassa utilizzata è stata prodotta in UE e a una distanza massima di 70 Km dall’utilizzo. Mettiamo che in Lombardia ci siano 10.000 Ha destinati a bioenergia, (secondo me contando il biogas sono molto di più) l’ammanco nella produzione di cerali, sarà colmato da cereali importati proprio dal Brasile, alla faccia dei 70 km. Per aumentare la produzione di cereali purtroppo spesso si procede alla deforestazione quindi i 10.000 ettari lombardi destinati a bioenegia equivalgono a 10.000 Ha di deforestazione in Brasile.

Greepeace invece lancia accuse dirette alle multinazionali di essere causa di deforestazione in Indonesia e Malesia a causa dell’utilizzo di olio di palma.

“Il rapporto di Greenpeace “Come ti friggo il clima” ha dimostrato come, a causa della crescente domanda sul mercato internazionale di un prodotto come l’olio di palma, le più grandi industrie alimentari, cosmetiche e di biocarburanti stanno distruggendo le torbiere e foreste pluviali indonesiane. Tra queste; l’Unilever, la Nestlè e la Procter& Gamble che insieme originano enormi volumi di consumo di olio di palma proveniente prevalentemente da Indonesia e Malesia…”

“Olio di palma: deforestazione e clima in coma. Il sapone Dove e la Nutella tra i responsabili”

In una nota inchiesta chiamata “Amazzonia che macello” Greenpeace accusa direttamente la zootecnia di essere causa di deforestazione in Amazzonia, ma solo per quanto riguarda la carne e i pellami.

“Un paio di scarpe Geox, Nike o Adidas, un divano di pelle Chateaux d’Ax, un pasto a base di carne Simmenthal o Montana possono avere un’impronta devastante sull’ultimo polmone del mondo e sul clima del nostro pianeta”

Stranamente i pellami vengono considerati solo come causa di deforestazione ma non vengono mai stornati dal conteggio delle emissioni zoogeniche.

Molte di queste ditte si sono affrettate a cambiare fornitori per non essere accusate da Greenpeace e quindi considerate dall’opinione pubblica negativamente perchè causa indiretta di deforestazione. Cambiare fornitore però non cambia assolutamente nulla nel mercato globale. Se l’olio di palma, la carne e i pellami anziché importati fossero prodotti in UE, questo aiuterebbe la lotta alla deforestazione? Ma neanche per idea! Confrontiamo la stessa tipologia di allevamento bovino, quindi allevamento intensivo in Brasile cioè bovini in stalla alimentati con insilati, sostituiti con manzi in stalla in Italia. Con cosa dovremmo nutrire i manzi?

Bisogna destinare migliaia di ettari in Italia alla coltivazione di foraggi e insilati, vuol dire che queste superfici non produrranno cereali, che mancheranno al mercato, e che quindi verranno importati dal Brasile con emissioni 10 volte superiori rispetto ad importare mezzene di manzo. Per aumentare la produzione di cereali in Brasile come già detto purtroppo spesso si procede alla deforestazione.

Se invece il confronto è tra allevamento estensivo in Sudamerica e intensivo in Italia (come avviene in realtà perché per l’estensivo in Italia mancano spazi) la differenza è ancora maggiore, 15-20 volte di più, perché verrebbe meno lo sfruttamento dei pascoli del sudamerica altrimenti improduttivi.

La stessa cosa vale per l’olio di palma, se la Ferrero è costretta a non comprare l’olio dall’Indonesia, perché Greenpeace ha deciso che questo salva la foresta e il pianeta dalla catastrofe climatica, per la produzione di Nutella l’olio verrà comprato magari dalla Thailandia, dove si faranno piantagioni di palma da olio in terreni che prima erano destinati magari alla produzione di riso, quindi senza deforestare, e tutti saranno contenti. Ma l’ammanco di riso in Tahilandia da dove sarà colmato? Dall’Indonesia, dove semineranno il riso nei terreni deforestati, e nulla cambierà per le foreste.

La deforestazione è un problema serio, che a mio avviso va affrontato soprattutto con la creazione di aree protette, con un’attenzione particolare nel limitare l’esplosione demografica con una prevenzione sulla gravidanza responsabile, cercando di meccanizzare il più possibile le aree agricole del pianeta per raddoppiare i raccolti unitari, evitando sprechi e abusi alimentari.

Ritengo invece le accuse alle multinazionali una pressione a cambiar fornitori, a cui è difficile sottrarsi, ma che risulta essere assolutamente inefficace nella lotta alla deforestazione, nel contempo però crea danni di immagine e quindi di introiti alle ditte accusate da Greenpeace come causa di deforestazione.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteClimatologiaEconomiaNews

2 Comments

  1. Borrielli Giampiero

    Adesso comincio a capire del perché l’Europa sta facendo la guerra alla Nutella!!!

  2. Fausto

    In realtà la deforestazione in Europa non è assolutamente in atto, anzi è vero il contrario: si assiste da decenni ad una generalizzata ripresa delle foreste. Un esempio per tutti: i boschi delle prealpi Lombarde erano quasi del tutto scomparsi nella prima metà del secolo scorso, non a causa dell’allevamento intensivo, ma del semplice fabbisogno energetico (scaldare le case). Oggi le montagne e le colline a nord delle città come Brescia, Bergamo, Varese, ecc. sono tutte ericoperte di boschi con un’età media di 30-40 anni e, ancor più evidente quasi nessuno più li taglia per il semplice motivo che non è conveniente. Semmai oggi il problema è piuttosto dell’abbandono dei boschi e della diffusione di cinghiali,caprioli e volpi,scomparsi da queste zone da quasi un secolo.Secondo i dati del Rapporto FAO “State of the world’s forests 2009” la deforestazione è un fenomeno sempre in aumento, ma negli ultimi anni ha rallentato la sua marcia. Sicuramente questo è dovuto ad una gestione forestale più consapevole operata da molti Stati negli ultimi anni. Analizzando questi dati, nel quinquennio 2000-2005, 57 paesi, tra cui l’Italia, hanno registrato un aumento della propria superficie forestale. Da agronomo posso constatare che sia poco sostenibile in Europa e credo anche negli Stati Uniti e Canada la correlazione tra allevamento e diminuzione delle foreste, mentre molto più probabile tra povertà e deforestazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »