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L’anello di congiunzione

[photopress:Ike.jpg,full,pp_image] Si potrebbe dire che la molla abbia avuto tutto il tempo di caricarsi. Una lunga fase fredda delle temperature di superficie dell’Oceano Pacifico Tropicale, altrimenti nota come La Niña, ha preparato una stagione degli uragani nell’Oceano Atlantico piuttosto intensa. La transizione ad una modesta fase di riscaldamento (El Niño), è in effetti giunta forse troppo tardi. Alcuni mesi fa abbiamo accennato a questa teleconnessione in questo post, uno dei pochi in cui abbiamo cercato di parlare contemporaneamente del tempo atmosferico e del clima.

Già, perchè nella maggior parte dei casi questi due aspetti dello stesso problema si tende a tenerli separati, dato che il secondo è la somma statistica degli innumerevoli fattori che caratterizzano il primo. Ci sono alcune occasioni, tuttavia, in cui tempo atmosferico e clima non possono essere separati. E’ il caso degli eventi di particolare intensità, di quelle manifestazioni tutto sommato non rare ma molto intense che con il loro verificarsi caratterizzano pesantemente il clima di determinate zone, tra queste appunto i cicloni tropicali.

L’ultimo in termini cronologici di cui abbiamo seguito le sorti è l’uragano Ike che, approdato sulla terraferma dello stato del Texas da un paio di giorni, è ormai arrivato in Arizona ed è stato declassato a “depressione tropicale”. Nel proseguire il suo viaggio verso nord, la depressione sarà presto catturata dalla circolazione occidentale ed entrerà, probabilmente cambiando volto, nell’atlantico settentrionale. In qualche modo, anche l’Europa tra dieci-quindici giorni sarà visitata da una perturbazione, riconducibile, seppur soltanto vagamente, al ciclone da cui si è originata.

Ike è arrivato fino al livello 2 della scala Saffir Simpson, tutto sommato è stato un uragano debole, seppur molto più esteso degli uragani Katrina e Rita entrambi più piccoli ma molto più intensi. Danni comunque ingenti, ma per fortuna inferiori alle attese, grazie anche alle misure preventive che sono state prese dalle autorità. Tra queste ad esempio l’argine lungo la costa, costruito dopo il grande uragano di Galveston del 1900, il più grave disastro naturale che gli Stati Uniti abbiano conosciuto. Un argine che ha retto all’urto di molte altre tempeste, tra cui Carla (1961) ed Alicia (1983). Con la popolazione quasi del tutto in salvo per la massiccia evacuazione ora si fanno i conti con il danneggiamento delle infrastrutture. Grave ma non tragico questo bilancio, a riprova del fatto che l’organizzazione, lo sviluppo e la tecnologia possono molto, anche contro l’immane forza della natura, con buona pace di chi a questi vorrebbe mettere un freno.

Sin qui i tratti molto sommari del tempo atmosferico. Ma il clima? E’ presto fatto. C’è un lavoro interessante, portato a termine da due esperti del settore tali Elsner e Jagger, in cui l’intensità dei cicloni tropicali è messa in relazione con l’attività solare. L’articolo è stato accettato dal Geophysical Reserch Letter il 13 agosto scorso e, in questo blog, se ne può leggere l’abstract che comunque vi riassumiamo.

In pratica nello studio si attribuiscono le cause del recente aumento dell’intensità dei Cicloni Tropicali in Atlantico a due fattori: una maggiore disponibilità di energia dovuta all’aumento delle temperature di superficie per cause antropogeniche e (udite udite) le variazioni delle temperature troposferiche indotte dall’attività solare.

Sulla prima possibile spiegazione è difficile commentare, esistono opinioni ben differenti delle quali ci siamo occupati molte volte, trendo spunto dal lavoro di uno dei più noti esperti di uragani, il Prof. Landsea, che ha addirittura lasciato l’IPCC a causa, a suo dire, dell’infondatezza di queste affermazioni. E’ pur vero che in tempi molto recenti sono state fatte altre ricerche, e la questione continua ad essere controversa. Tra l’altro, non è in discussione un certo aumento delle temperature, quanto piuttosto la causa di questo aumento. La seconda invece merita un approfondimento ed in qualche modo ci riporta anche alla prima spiegazione.

Il numero di uragani che raggiungono il Golfo del messico sarebbe maggiore quando si riscontra un basso numero di macchie solari. Questa scoperta sarebbe in accordo con la teoria del “motore termico” alla base dello sviluppo dell’intensità degli uragani, secondo la quale si ridurrebbe la possibilità che le tempeste raggiungano il massimo della loro potenziale violenza a causa di un riscaldamento nello strato atmosferico immediatamente sovrastante, la bassa stratosfera. Un riscaldamento normalmente generato dall’assorbimento della radiazione ultravioletta operato dall’ozono ma accentuato nelle fasi di maggiore attività solare. In presenza di minimi dovrebbe accadere l’opposto, per cui, considerato che la dissipazione dell’energia di un uragano avviene attraverso il rimescolamento oceanico ed il trasporto atmosferico, gli uragani sarebbero protagonisti di un feedback in grado di rendere percepibile una variazione dell’attività solare altrimenti di scarsa importanza. Allo stesso tempo un riscaldamento nello strato atmosferico a contatto con la superficie o della superficie stessa, aumenterebbe comunque l’energia disponibile.

La teoria è interessante e, a conti fatti, potrebbe funzionare anche per fenomeni convettivi meno vasti e meno intensi. Un’alta atmosfera più fredda rende comunque la colonna d’aria più instabile e può accentuare la convezione. A questo potrebbe aggiungersi una maggiore capacità della troposfera di produrre nuvolosità bassa a prevalente sviluppo verticale sempre in presenza di scarsa attività solare, come accennato qui su CM in questo post.

A questo punto è d’obbligo un’altra breve considerazione. All’inizio di questo post abbiamo accennato alla tragedia di Galveston del 1900. Curiosamente anche quello era un periodo di minima attività solare, infatti il ciclo numero 106 fece registrare nel 1901 ben due mesi con assenza totale di macchie solari, non molto dissimile quindi dallo scorso agosto, nel quale, malgrado numerose controversie nelle misurazioni, come abbiamo sottolineato proprio su CM alcuni giorni fa, l’attività della nostra stella è stata ancora molto scarsa.

Certamente una coincidenza, eppure, il sole…

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologiaSegnalati

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