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Tag: AMO

Il Sole, i vulcani e le temperature del mare

Sarà il sole a scaldare il mare quest’anno, e non saranno i vulcani a raffreddarlo, a Dio piacendo e geologia permettendo. Però pare che proprio il sole e l’attività vulcanica nel suo complesso abbiano giocato un ruolo importante, ove non determinante, per le temperature superficiali dell’Oceano Atlantico degli ultimi secoli. Lo dice un gruppo di ricercatori che ha appena pubblicato uno studio su Nature Communication:

Evidence for external forcing of the Atlantic Multidecadal Oscillation since termination of the Little Ice Age

La ricerca è liberamente disponibile e inoltre su Science Daily c’è un articolo che ne approfondisce i contenuti.

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Previsioni forse attendibili ma certamente verificabili

 Negli ultimi giorni ci è capitato di parlare spesso della ciclicità di molte dinamiche climatiche e del loro concorrere a determinare condizioni generali del sistema anche molto diverse tra loro, specie a scala spaziale regionale e per periodi di tempo relativamente brevi in senso climatico.

 

Una discussione latente e ricorrente, che ha ripreso vigore con la pubblicazione dell’ultimo paper di Judith Curry, The Stadium Wave. Oggi torniamo a parlare di clima in termini non globali ma emisferici, focalizzando l’attenzione su un pattern atmosferico di particolare importanza per il continente europeo e, quindi, anche per il nostro territorio. Si parla della NAO (North Atlantic Oscillation), ovvero di quell’indice circolatorio derivato dalla differenza tra i valori della pressione atmosferica alla latitudine delle Azzorre e quelli alla latitudine dell’ISlanda. La NAO, come sanno bene tutti quelli che si sono per diverse ragioni avvicinati alla meteorologia, è il metronomo del tempo sull’Europa. Infatti esprimendo di fatto la relazione di forza tra due configurazioni bariche permanenti come l’Anticilone delle Azzore e la Depressione d’Islanda, esprime anche l’intensità e la posizione del gradiente che le separa, e quindi anche il flusso atmosferico nel quale viaggiano le perturbazioni che dall’Atlantico si dirigono verso l’Europa. Con una NAO negativa (anticiclone debole), le perturbazioni aumentano la oro frequenza sul Mediterraneo, portando con se aria umida e temperata. Con una NAO positiva (anticilone robusto ed elevato gradiente) le perturbazioni tendono invece a ‘preferire’ il nord Europa.

 

Ora l’indice NAO possiede una variabilità che si esprime a diverse scale temporali, sia quella breve, più tipicamente meteorologica, sia quelle di medio e lungo periodo, più direttamente ascirvibili alla variabilità stagionale, interannuale e climatica. Del resto si tratta di un pattern atmosferico, di una derivata della circolazione atmosferica, ossia del mezzo attraverso il quale viene redistribuito il calore sul pianeta, per cui è intuitivo comprenderne il ruolo e l’importanza.

 

Appena qualche giorno fa, è stato accettato per la pubblicazione sul GRL un paper dal titolo molto interessante:

 

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Inverno, raggi di Sole e curiosità varie

Il post un po’ scanzonato scritto qualche giorno fa sui toni da operetta delle previsioni che iniziano a circolare per il prossimo inverno, mi ha fatto fare una interessante conoscenza di cui vi dirò tra poco, ma prima, credo sia doveroso segnalare la repentina presa di distanze dello UK Met Office rispetto alle profezie di gelo circolate per il territorio di Sua Maestà.

 

Questi titoli, scrivono, li abbiamo visti anche l’anno scorso e poi semplicemente non è accaduto nulla di strano. E ancora, la scienza per fare previsioni di dettaglio su se, come e quando dovesse arrivare la neve nei prossimi mesi (neanche il prossimo mese), semplicemente non esiste. Ma non è finita, perché aggiungono anche che d’inverno, quasi sicuramente, ci sarà modo per assaggiare tutte le pietanze atmosferiche, la neve, il gelo, gli allagamenti, le condizioni miti etc., semplicemente perché è…inverno. Che dire? Da applausi. Evidentemente, i ripetuti bagni di sangue di previsioni di caldo alle porte dei recenti inverni piuttosto rigidi devono aver fatto rinsavire più di qualche testa. Sperimo che duri.

 

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Quando il clima fa la “Ola”

L’abbiamo conosciuta un po’ di anni fa, quell’impulso di entusiasmo collettivo che negli stadi affollati genera un’onda che si propaga attraverso tutti i settori mettendo a dura prova gli operatori televisivi ma con grande effetto scenico. E’ la ‘Ola’.

 

E’ su questa che un nuovo paper uscito sul Journal of Climate Dynamics e firmato da Marcia Glaze Wyatt e Judith A. Curry basa il ragionamento sul funzionamento di una componente del clima che troppo spesso e, soprattutto ancora una volta nel recente primo capitolo del nuovo rapporto IPCC, viene decisamente trascurata preferendo un sistema climatico geneticamente immutabile e perturbabile esclusivamente da forzanti esogene, ossia le attività umane. Si parla della variabilità naturale, di normale tendenza del sistema ad evolvere secondo regole proprie anche caratterizate da una certa ciclicità di lungo periodo.

 

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Mezzo global warming grazie… anzi no, un quartino!

Un nuovo paper, tanto per cambiare:

 

Recent global-warming hiatus tied to equatorial Pacific surface cooling

 

C’è chi ha reagito riportando di aver sentito volar via la testa, chi, invece, ha voluto approfondire ulteriormente. Questa qui sotto è la figura chiave del lavoro:

 

 

poga-plot

 

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Il clima cambia sempre…e lo fa pure di corsa!

Quello degli shift climatici o cambiamenti di regime, oppure ancora, di rapide variazioni dell’assetto della circolazione atmosferica, è un argomento che abbiamo affrontato più volte (qui, per esempio, addirittura nel 2008) ed è quello che a mio parere andrebbe maggiormente approfondito per guardare alle dinamiche del clima attraverso una lente d’ingrandimento diversa dal solito paradigma +CO2=temperature più alte. Non fosse altro perché ci sono prove evidenti che questi cambiamenti di regime siano avvenuti e ce ne sono di altrettanto evidenti che l’equazione appena citata non funziona.

 

Sarà per queste difficoltà, sarà per un sempre maggiore interesse verso previsioni climatiche a ridotta scala spazio-temporale, ma l’interesse e quiandi anche la comprensione scientifica per questi eventi di brusco cambiamento stanno decisamente crescendo. Nelle serie storiche dei dati osservati più affidabili e recenti, di questi eventi se identificano due, uno dopo la metà degli anni ’70 e uno dopo il super El Nino del 1998, in entrambi i casi, con l’Oscillazione Decadale del Pacifico a giocare un ruolo determinante. Nel primo caso il clima del pianeta è infatti passato da una modalità “fredda” ad una “calda” e sono arrivati gli anni del riscaldamento globale. Nel secondo caso, ormai 15 anni fa, si è innescato il processo opposto, sebbene con modalità differenti e con differente contributo dei vari fattori in gioco. Diverso è stato infatti il comportamento dell’Oscillazione Multidecadale Atlantica, ancora in fase positiva e diverso è stato il contributo del Sole, entrato in una fase di quiescenza. Guarda caso, dopo questo secondo shift, la temperatura media superficiale del pianeta ha smesso di crescere.

 

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Il livello del mare cresce molto più del previsto, ma anche molto meno del previsto: per cause prevalentemente naturali, però!

Nel recente passato ho avuto modo di esporre (qui e qui CM), alcune considerazioni relative ad articoli che si occupano del livello del mare e, in particolare, delle variazioni della velocità di aumento del livello del mare. Dal confronto delle varie pubblicazioni si può facilmente capire che la questione della velocità di variazione del livello del mare è piuttosto controversa: se da un lato molti autori sono propensi a scommettere su un forte aumento della velocità di variazione del livello del mare nei prossimi decenni, altri sono piuttosto scettici e propendono per un aumento del livello del mare piuttosto modesto. Le due linee di pensiero si rifanno, in linea di massima, a due modi differenti di stimare le variazioni del livello del mare: da una parte troviamo i fautori della modellazione semi-empirica, dall’altra i fautori dei modelli globali che stimano l’evoluzione dei fattori fisici che contribuiscono alla variazione del livello del mare nel futuro.

 

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Mirror Posting: Il Punto sul Global Warming

Aldo Meschiari, già amico di CM da parecchi anni, mi ha mandato il link di un suo articolo uscito sul Meteogiornale. Ricevuta la sua autorizzazione, lo ripropongo di seguito. Buona lettura,

gg

 

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La situazione attuale – Gli ultimi dati provenienti dai cinque indici principali (GISS, NCDC, HadCrut, RSS, UAH) che rappresentano la temperatura media globale non cambiano una situazione consolidatasi da circa 15 anni. Come ammette lo stesso IPCC, è infatti dal 1998 che non si assiste ad un trend evidente. D’altra parte, con l’ultimo salto termico del 1998, le temperature sono posizionate sui livelli massimi del Global Warming.

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AMO, Artico e Temperature

Nelle pubblicazioni scientifiche sui cambiamenti climatici, capita molto spesso che vengano mostrate delle relazioni tra i parametri climatici o tra combinazioni di essi, cui si assegna il ruolo di ‘prova’ della superiorità del contributo antropico alle dinamiche del clima rispetto a tutti quei meccanismi che si sono da sempre modificati in risposta a forcing di origine naturale. La parola chiave è “evidence”, appunto, prova.

L’esempio più recente e anche più tangibile è senz’altro quello dell’estensione del ghiaccio marino artico, che nello scorso settembre ha segnato un minimo storico. Mai, da quando lo si misura con metodi oggettivi, ovvero con sensori satellitari, l’estate boreale aveva visto così poco ghiaccio alle latitudini polari. Questo fatto, combinato con quello che effettivamente il ghiaccio polare artico sta diminuendo sensibilmente e quindi non si può certo parlare di episodio isolato, alimenta la tesi di uno dei maggiori esperti sull’argomento, il direttore del National Climatic Data Center, Mark Serreze, secondo il quale saremmo entrati in una “spirale di morte” che vedrà le latitudini polari presto quasi interamente libere dai ghiacci nei mesi estivi.

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L’Atlantico e la siccità nel Sahel

Le devastanti siccità dell’Africa occidentale e le oscillazioni delle temperature di superficie dell’Oceano Atlantico. Un team di ricercatori americani ha pubblicato su Science i risultati di un’indagine geologica che rivela la natura complessa e dinamica di questi eventi climatici e la loro stretta correlazione.

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